L'importante è che la morte ci colga vivi (Marcello Marchesi)

"L'importante è che la morte ci colga vivi" (Marcello Marchesi)

martedì 7 maggio 2013

GIUSTIZIA: INCEPPARE LA MACCHINA DEL TRIBUNALE SENESE OGGI PER NON FARE I PROCESSI DOMANI

Il rischio che l’inchiesta Antonveneta si impantani e finisca in una bolla di sapone per volontà politica è più forte che mai. Dietro la facciata delle dichiarazioni di rito e delle schermaglie dei partiti esiste in Italia una volontà bipartisan di non arrivare mai al compimento della ricostruzione dei fatti, delle responsabilità e delle pene, e questo vale per tutti i grandi processi in cui è implicata la politica: in questo caso basta non fare nulla. Il capro espiatorio c’è, verrà processato quanto prima. Ma già il primo sassolino nell’ingranaggio della macchina giudiziaria è stato gettato: il giudice Francesco Bagnai a settembre andrà via da Siena. Non si sa se sarà sostituito, ma chi ne prenderà il posto dovrà avere il tempo di studiarsi le carte da capo: se non avesse tentato la fuga a Londra oggi anche Baldassarri sarebbe a casa sua, peccato che non abbia confidato nella legislazione giudiziaria italiana! I grandi inquisiti Mussari e Vigni non vanno dentro perché collaborano con la giustizia, ma quello che dicono rimarrà segreto e, dopo la probabile prescrizione, secretato, inconoscibile e inutilizzabile.
 Che la Procura di Siena, per la sua storia e la quantità del suo organico, non fosse adeguata a sostenere un terremoto politico-finanziario del valore di oltre 30 miliardi complessivi era ovvio fin da principio. Ingroia, specializzato in mafie e criminalità organizzata, ha buone ragioni per non voler andare ad Aosta, procura che nello specifico non ha mai avuto una storia di mafia da offrire. Eppure l’ex ministro “tecnico” Severino non ha ritenuto necessario rinforzare l’organico del Tribunale di Siena, almeno come hanno fatto i locali magistrati per le indagini, che hanno chiesto l’aiuto della Guardia di finanza di Roma, più numerosa e specializzata in reati finanziari di primo livello, affiancando la caserma di Via Curtatone. Così arriviamo alla querelle odierna, in cui un Gip, Ugo Bellini, si lascia così descrivere dal presidente del Tribunale Benini: “è ai limiti della sostenibilità e non v'è giorno in cui il collega chieda di essere sollevato da quelle funzioni. La demotivazione e il timore di non essere all'altezza del compito, quantitativamente e qualitativamente, sono evidenti". Timore di non essere all’altezza del compito che però non gli impedisce, criticatissimo, di respingere il decreto di sequestro preventivo per Nomura e per gli ex vertici del Monte.
Un ostacolo che rischia di compromettere l’intera impalcatura dell’indagine nel complesso filone dei derivati: non si tratta solo di due miliardi scarsi di euro che pure sarebbero linfa vitale per il Monte dei Paschi. Ma si va, con questo sequestro, ad intaccare la facoltà delle grandi strutture finanziarie mondiali di fare e disfare a piacere non ritenendosi sottoposta alle leggi degli stati nazionali, e di combinare affari illeciti fra sodali. Una questione complessa, ma è chiaro a tutti come navighino queste entità tra le pieghe delle legislazioni dei singoli paesi alla ricerca del profitto a tutti i costi. Immaginiamo a Roma le fortissime pressioni della lobby affaristica, se il Tribunale del Riesame dovesse ribaltare il giudizio di Bellini: la questione arriverebbe certo in Cassazione e si dovrebbe attendere una risposta che fatalmente arriverebbe alla fine di luglio. E così, grazie ai tempi tecnici dei tribunali,  se ne riparlerà dopo metà settembre. E sono troppi i politici romani legati a doppio filo alle varie banche d’affari internazionali per evitare l’accumulo di sassolini nella macchina della giustizia senese, gente da Bocconi, Morgan Stanley, Goldman Sachs e via dicendo. Quello che si può nascondere dietro all’investigazione di una piccola procura di provincia potrebbe causare conseguenze da fare tremare il mondo della finanza.

Nessun commento:

Posta un commento