L'importante è che la morte ci colga vivi (Marcello Marchesi)

"L'importante è che la morte ci colga vivi" (Marcello Marchesi)

giovedì 28 febbraio 2013

FONDAZIONE MPS, NOMINATI DEL PD E L'ABBRACCIO MORTALE CON LE BANCHE D'AFFARI

Solo in Italia e solo grazie a una legge sul conflitto di interessi che più insensata non si può poteva succedere che il consigliere finanziario di una banca e anche della sua fondazione bancaria di riferimento, nonché primo azionista assoluto, potesse anche svolgere il ruolo di finanziatore dei due istituti. Che erano guidati da due persone che non avevano alcun titolo di merito per farlo, né universitario, né professionale, tanto che potranno affermare di essere stati circuiti E DI ESSERE DEGLI SPROVVEDUTI. Lo abbiamo scritto e ripetuto tante volte, in questi anni, e alla fine un faro è stato acceso dalla procura di Siena. Infatti l’inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena apre un nuovo filone che riguarda il ruolo delle banche estere (SALVO POI TOCCARE A QUELLE ITALIANE) che hanno assistito banca e fondazione dall'operazione Antonveneta in avanti.

Ben tre quotidiani nazionali La Stampa, Il Messaggero e Il Corriere della Sera affermano che l'indagine dei pm di Siena, Antonio Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso, si sposta proprio sulle banche che hanno tratto maggiori vantaggi dall'affare Santander-MPS.  Jp Morgan nel 2008 solo con gli interessi del Fresh (il prestito mascherato da aumento di capitale) avrebbe guadagnato 82 milioni di euro: Mussari e Vigni sistemarono i bilanci, facendo credere a Banca D’Italia la sostenibilità dell’acquisto di Antonveneta.  

Secondo Il Messaggero gli uomini del nucleo di polizia valutaria, guidato dal generale Giuseppe Bottillo, “stanno verificando se si profilino responsabilità anche a carico dei manager delle altre banche e in
particolare di Jp Morgan, che ha strutturato il Fresh. Oltre agli 82 milioni del 2008, Jp Morgan ne ha incassato altri 4 per la consulenza alla Fondazione. Ma deve avere guadagnato molto di più a giudicare dagli
incarichi: dalla strutturazione del Fresh, al book running per l'aumento di capitale della banca”. E se non ci sono abbastanza spunti per i magistrati, ci piace ricordare il doppio ruolo di JP Morgan nell’aumento di capitale 2011, quando doveva sistemare la partita del Fresh nel più complesso gioco del maxi prestito con clausola capestro (covenant) che ha ridotto la Fondazione alla miseria più assoluta.
La Repubblica, a inizio febbraio, ha potuto leggere il contratto stipulato nel 2011 dalla Fondazione MPS con JP Morgan “per l'erogazione di un prestito di 600 milioni di euro con cui sostenere un aumento di capitale da 2,1 miliardi, documenta comeea che prezzo la Fondazione Mps decise, contro ogni logica di equilibrio finanziario, di consegnarsi all'abisso di un debito insostenibile”. Prosegue la lettura del contratto rivelando che “la Fondazione, di fronte a un nuovo aumento di capitale, avrebbe una sola strada da percorrere: diluire la propria quota in Mps, come del resto le consigliano in quel frangente i suoi due advisor, Credit Suisse e Banca Rotschild. Non fosse altro perché, in quel momento, tutti gli indicatori - dal valore del titolo in caduta libera, alle perdite sanguinose sui derivati, di cui la banca è imbottita- consigliano di non investire liquidità in nuove azioni per altro in sicura perdita. Al contrario, la Fondazione decide di stringersi al collo il cappio che le porge Jp Morgan e il consorzio di 10 banche pronte a erogare un prestito di 600 milioni di euro con ritorni importanti, vista la disperazione di Rocca Salimbeni.
Parliamo - come si legge nelle 126 pagine del contratto di "loan"- di Barclays (che finanzia 50 milioni), Bnp Paribas (60 milioni), Credit Agricole (50 milioni), Deutsche Bank (60 milioni), Goldman Sachs (30 milioni), Intesa san Paolo (60 milioni), Jp Morgan (60 milioni), Mediobanca (60 milioni), Natixis (60 milioni), Royal Bank of Scotland (50 milioni), Unicredit (60 milioni)”. Ma il pool degli “assassini” (termine colorito con cui si indicano a Siena i fantini che corrono il Palio, ndr) avrà letto le preoccupate indicazioni degli advisor? Con quale leggerezza si possa prestare soldi a chi non ha la capacità di produrre reddito per rimborsare il finanziamento, non ci è dato di comprenderlo. E anche Palazzo Sansedoni ha grosse difficoltà di comprenderlo, al punto di accorgersene soltanto dopo un anno. “Nel 2012 la Fondazione comprende di non poterne onorare né i costi né la scadenze – prosegue il racconto - e dunque procede a quella dolorosa ristrutturazione del debito che le consente, dopo la restituzione immediata di 600 milioni di euro realizzati da dismissioni di partecipazioni e vendite di azioni, di abbattere l'indebitamento da 1 miliardo di euro a 350 milioni nei confronti di Jp Morgan. Con un nuovo tasso di interesse, fissato questa volta nell'Euribor a sei mesi maggiorato di 425 punti base, per un costo cioè superiore a quello dei "Tremonti bond". Cum grano salis gli stessi signori che hanno confezionato il fallimento della Fondazione e della città possano ritenere di essere le persone più indicate per scrivere il nuovo statuto dell’ente, è difficile da capire.

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