L'importante è che la morte ci colga vivi (Marcello Marchesi)

"L'importante è che la morte ci colga vivi" (Marcello Marchesi)

sabato 17 marzo 2012

I SOLDI DEGLI ITALIANI A MORGAN STANLEY

DA IL FATTO QUOTIDIANO: Nel mese di gennaio lo Stato italiano avrebbe versato 3,4 miliardi di dollari nelle casse della banca d’affari Usa Morgan Stanley per chiudere i contratti in essere sul mercato dei derivati. Sottoscritti a partire dagli anni ’90, questi contratti avrebbero dovuto tutelare il debito italiano dalle oscillazioni dei tassi di interesse ma, in definitiva, si sarebbero rivelati inutili e controproducenti generando negli anni una perdita da 31 miliardi. Lo riferisce oggi l’agenzia Bloomberg. Né il ministero del Tesoro né Morgan Stanley hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali.

La cifra appare impressionante. Come rileva Bloomberg i 3,4 miliardi di spesa equivalgono alla metà circa dell’aumento dell’Iva di quest’anno. Come a dire che volenti o nolenti i contribuenti italiani hanno versato in anticipo nelle tasche dell’istituto Usa la metà dell’incremento della loro principale imposta indiretta. Per quanto facilmente soggetta a critiche, la scelta di sborsare una simile cifra per chiudere i contratti potrebbe essere stata a dir poco obbligata. Nell’ultimo trimestre 2011, infatti, questi contratti avrebbero generato un profitto di 600 milioni per Morgan Stanley (ovvero una perdita equivalente per l’Italia). Secondo Bloomberg, I cinque principali operatori del mercato dei derivati, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bank of America, Citigroup e JPMorgan, sono esposte per questo genere di contratti sull’Italia per 19,5 miliardi di dollari.

Ma chi e' il gaglioffo che ha firmato simili prodotti finanziari?

domenica 11 marzo 2012

11 MARZO 2011, FUKUSHIMA DAIKI, IL DISASTRO NUCLEARE

Tutto il Giappone si ferma alle ore 14:46 di domenica 11 marzo, quando in Italia sono le 7:46 del mattino . Ovunque, edifici pubblici e sedi aziendali, bandiere a mezz’asta, silenzio e raccoglimento. Ecco il primo anniversario del terremoto magnitudo 9 dell'anno scorso, seguito alcune decine di minuti più tardi da un gigantesco tsunami che si abbattè su centinaia di chilometri della costa settentrionale di Honsu affacciata sul Pacifico. Tale da provocare non solo 19 mila tra morti e dispersi ma anche la peggiore crisi nucleare dai tempi di Chernobyl. Abbiamo vissuto fin dal primo momento una saga della disinformazione di stato, perpetrata dal governo nipponico e contrastata da televisioni e organizzazioni non governative di tutto il mondo. Centinaia e centinaia di chilometri quadrati di una terra rigogliosa sono diventati un deserto popolato di ghost town e di animali vagabondi, con gli ex abitanti, sfollati un po’ dappertutto, una volta alla settimana che vanno, vestiti di tute di protezione nucleare, a controllare che tutto sia rimasto come nel momento in cui sono stati costretti a fuggire, con il male invisibile dentro. Nel giro di un anno in italia un referendum ha distrutto l’idea berlusconiana della seconda era nucleare italiana, la Germania ha varato un programma che la allontanerà nel futuro dal nucleare, il Giappone ha quasi del tutto fermato le sue 54 centrali atomiche e si appresta a farne completamente a meno. Prima di Fukushima, Tokio pensava di incrementare la produzione di elettricità con nuove centrali.
Solo nei paesi di recente industrializzazione come India e Cina si progettano nuove centrali nucleari, un po’ per fretta un po’ per disperazione da crescita economica eccessivamente veloce: avranno bisogno dei loro incidenti devastanti per maturare una corretta coscienza antinuclearista e devono vedere le conseguenze dell’inquinamento nell’ambiente per reagire. Fukushima è una città a 60 km dalla centrale devastata, ma non è un luogo sicuro dove abitare, anche se il governo giapponese racconta che tutto è ormai sottocontrollo. Ma la lezione più importante data dalla storia è che perfino l’ultraorganizzato efficiente sistema nipponico fosse totalmente impreparato a gestire un disastro nucleare. La Tepco, società che gestisce l’impianto e praticamente fallita, ha dimostrato di non avere la minima coscienza degli avvenimenti, compiendo una tragica serie di errori che hanno moltiplicato gli effetti disastrosi del sisma. I reattori di Fukushima Daichi non sono ancora spenti, forse come dice il governo sono sotto controllo, ma tra le maglie del controllo vomitano ancora sostanze radioattive. E la quantità di radionuclidi nell’atmosfera è compresa tra il 10 e il 40 per cento di quella liberata a Chernobyl. E ci sono ancora 430 centrali nucleari in funzione nel mondo, che interessano la vita, la morte e una tremenda possibilità di sofferenza in centinaia di milioni di persone: un rischio francamente inaccettabile.