L'importante è che la morte ci colga vivi (Marcello Marchesi)

"L'importante è che la morte ci colga vivi" (Marcello Marchesi)

sabato 15 giugno 2013

UN MONTE (DEI PASCHI) DI CAZZATE

Forse al ministero dell’Economia sono un po’ distratti, superficiali o forse qualcuno ci sta raccontando qualcosa che non esiste, ma che è utile a far girare le cose nel verso da loro preferito, che poi è sempre quello di portar via la banca dalla città. Il ministero infatti il 24 gennaio 2013 emette un comunicato stampa nel quale fa necessarie precisazioni sulla concessione dei Monti bond a Rocca Salimbeni. Ricorda che “Con il decreto legge 87/2012 (trasposto poi nel DL 95/2012), il MEF è stato autorizzato a effettuare l'intervento” per consentire “l’adozione di una misura di sostegno pubblico fino a 2 miliardi di euro (1,9 erano già stati erogati da Tremonti, ndr)”. Il comunicato del MEF si conclude così: “Ad oggi, la sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari non è avvenuta, perché non si sono ancora verificate alcune delle condizioni necessarie per completare l’operazione. In particolare, occorre in primo luogo l’adozione da parte dell’assemblea degli azionisti di MPS, convocata per domani venerdì 25 gennaio, della delibera che delega il Consiglio di amministrazione ad effettuare l’aumento di capitale al servizio dell’eventuale conversione in azioni dei Nuovi Strumenti Finanziari. In secondo luogo, l’acquisizione da parte del MEF del parere della Banca d’Italia che dovrà pronunciarsi, tra l’altro, sull’adeguatezza patrimoniale attuale e prospettica dell’istituto di credito” Nessuna parola , frase, espressione che ricordi ai lettori la clausola che obbliga la Fondazione e la banca MPS a modificare la regola del voto al 4%: perché il ministero dimentica una prescrizione così importante? Do ut des, tutti l’avrebbero capita.
Il 29 gennaio, audizione presso la Commissione Finanze della Camera dei Deputati del ministro dell’Economia. Data non casuale, perché arriva dopo l’approvazione dell’assemblea straordinaria di MPS che delibera in favore degli aiuti di Stato. Vi risparmiamo la lettura completa del documento (ma se qualcuno si volesse leggere la lunga e ponderosa relazione può andare al link in calce), diciamo solo che la condizione che oggi Profumo e Mancini vendono come irrinunciabile per la Commissione Europea, non viene nemmeno nominata. Come del resto non era nominata nel decreto 87 del 27 giugno2012, quello che dovrebbe aver ispirato la Deputazione ad agire per il rinnovo dello Statuto e l’abolizione del tetto in votazione assembleare. Governo e Parlamento superficiali come la Commissione Europea?
Ma c’è qualcuno che è ancora più superficiale di tutto questo guazzabuglio di ministri e istituzioni distratte. Eravamo presenti all’assemblea straordinaria del 25 gennaio 2013, con la quale abbiamo in tanti approvato la richiesta dei nuovi strumenti finanziari. Non ci sembrava che Profumo ci avesse avvisato (e fatto di conseguenza approvare) di una richiesta della Commissione Europea indispensabile per ottenere gli aiuti. Nel dubbio ci siamo riletti il verbale, e non abbiamo pensiero che si sia distratto anche il notaio Zanchi. Il buon Alessandro Profumo non ha detto nulla di nulla in proposito e lunedì potremmo averne conferma nel comunicato che seguirà l’analisi del Piano Industriale di Viola a Bruxelles … Mancate comunicazioni sociali? Se c’è a Siena qualcuno capace di farsi spiegare le cose in maniera coerente e reale sarebbe l’ora si facesse avanti: di storielle e mezze verità siamo piuttosto stanchi.

Per spiegare come questa situazione stia sfiorando il ridicolo, Il Sole 24 Ore del 15 giugno scrive che “A togliere le castagne dal fuoco potrebbe essere una presa di posizione formale da parte del ministero dell'Economia”: ciò ci conferma nelle nostre convinzioni, che costrizioni vincolanti sull’abolizione del limite di voto siano mai esistite. Cesare Peruzzi aggiunge “La Commissione Ue lunedì aspetta il piano di ristrutturazione del gruppo sulla base del quale entro agosto Bruxelles darà il via libera definitivo agli aiuti di stati ricevuti da Rocca Salimbeni (4,07 miliardi di Monti bond). L'ok europeo è vincolato all'abolizione della clausola del 4%, come passaggio indispensabile per arrivare all'aumento di capitale che farà entrare capitale fresco e nuovi azionisti. Ecco perché l'assemblea straordinaria della banca è stata convocata a luglio. E senza il disco verde di Bruxelles, per Rocca Salimbeni sarebbero guai seri”. Scusate, ma i Monti bond sono già stati emessi dalla banca e sottoscritti dal governo Italiano il 28 febbraio 2013, “in extremis” come è stato scritto anche dal quotidiano della Confindustria, ma senza mai citare la clausola del 4%. Secondo Peruzzi c’è qualcuno che potrebbe costringere il Monte dei Paschi a restituire i soldi già ricevuti dal MEF. Ce lo faccia conoscere: chissà che possa accompagnare in Spagna i magistrati del Tribunale di Siena e riprendere per conto nostro i 17 miliardi dell’Antonveneta.

http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stencomm/06c06/audiz2/2013/0129/s020.htm  

MALEDETTI SENESI

Anche venerdì la perfomance del gruppo bancario ha segnato un progresso del titolo del 4,68% (dopo i 5 punti del giovedì), sulla spinta delle notizie relative alle modifiche della governance dell’istituto di credito. Non stiamo parlando del Monte dei Paschi di Siena, ma della Banca Popolare di Milano. Il titolo di Rocca Salimbeni, al contrario, dopo una fiammata delle nove del mattino si è appiattito sull’andamento del comparto nelle contrattazioni, per chiudere in rosso: -1,04% a euro 0,2086. Ovvero l’annuncio dell’assemblea straordinaria che toglierà le limitazioni di voto non eccita nessuno; la contendibilità dell’istituto, proclamata in nome del libero mercato per adesso non invita neanche gli speculatori all’azione. Forse sanno qualcosa, gli operatori finanziari, che i senesi ignorano, bombardati dai messaggi della disinformazione organizzata? Altrimenti perché non gettarsi sul ghiotto boccone come sembra vogliano fare con la BP Milano?

Le autorità di controllo italiane dei mercati hanno permesso per tanti anni che una Deputazione inadeguata disponesse in maniera non legale della Fondazione MPS e ora lasciano tranquillamente che parlino del desiderio dell’Europa che anche Palazzo Sansedoni si adegui alle normative per ottenere la conferma degli aiuti di Stato ottenuti: i Monti bond.  Ma dopo attente ricerche non siamo riusciti a trovare e produrre le prove materiali di questo diktat europeo. L’unico documento pubblico esistente, che non si può tenere segreto perché è una legge dello Stato, è quello in cui governo e Parlamento offrono la ciambella di salvataggio alla banca. Ma senza condizioni per la governance dell’istituto. Per il resto bisogna credere sulla parola a Mancini e Profumo.

Forse non è eccessivo parlare di disinformazione, la costante di tutta l’opera che da luglio 2012 preserva la cittadinanza dal prendere coscienza del significato del nuovo statuto della Fondazione, delle modifiche di quello di MPS, dei desiderata di Bruxelles. Cose che possiamo condensare con una semplice considerazione: quando l’opera risanatrice del Tandem riporterà i conti di MPS in attivo e in salute, i sacrifici saranno stati pagati dagli incolpevoli dipendenti, dagli incolpevoli piccoli azionisti, dagli incolpevoli beneficiari di strade nuove, scuole e palazzi restaurati, associazioni sportive e tutti gli altri beneficiari delle elargizioni di Palazzo Sansedoni. Mentre i nuovi utili andranno nelle tasche di chi, con un tozzo di pane e la benevolenza salvifica dello Stato, si sta per comprare e portare via la banca da Siena, grazie al prezioso e attento “combinato disposto” di Mancini e Profumo. A cominciare dalle banche d’affari che hanno consigliato e prestato soldi, rimborsati profumatamente.

Chissà se anche i beneficiati locali da 18 anni di regime fondazionista possano avere un sussulto di orgoglio e consapevolezza, ora che la festa (ATTENZIONE!) non è finita, ma si sta spostando altrove. Perché è cattivo agli occhi dei manovratori della banca sia chi gli è stato sempre contro sia chi ha dato loro sempre ragione. Semplicemente perché sono senesi.

venerdì 14 giugno 2013

AFGHANISTAN, L'IMPRESA VALEVA LA SPESA DI UNA IMU SULLA PRIMA CASA?

Lo sport preferito dagli sciocchi disinformatori del regime pubblicitario è quello di attribuire a una spesa folle dei nostri governanti dell'importo intorno a 4 miliardi di euro l'epiteto "E' stata pagata con l'Imu sulla prima casa", sapendo di fare leva sugli istinti primordiali di conservazione del popolino che non vede aldilà del suo naso.

Perciò il titolo è una provocazione, a scanso di equivoci ...

12 anni di presenza militare in Afghanistan alla data di oggi valgono 4,5 miliardi di euro. Lo dicono con disinvoltura i parlamentari vecchi (nella carica) con sgomento i nuovi (ma ci faranno il callo). ci se ne accorge solo perchè è miseramente fallita nell'indifferenza quasi generale del Parlamento la commemorazione dell'ultimo caduto italiano nell'ennesima guerra non dichiarata che il mondo "libero" e occidentale ha esportato sulla scia dell'imperialismo made in USA.

In più siamo angosciati perchè non si vede una soluzione a questa guerra, nè una exit strategy che possa dare una ragione al perchè vertici politici e militari ci abbiano condotto in questa impresa. La nostra angoscia vale 300 milioni di rifinanziamento delle operazioni belliche per il prossimo futuro, detto così tanto per dargli un valore.

Non c'è margine di discussione in questa vicenda, perchè immediatamente l'apertura di un tavolo di discussione si sposterebbe sull validità dell'acquisto degli F 35 che tra l'altro non migliorano nemmeno di un centesimo il Pil nazionale né creano posti di lavoro, le buste paga di cosiddetti alti papaveri graduati, gli arsenali pieni di armi e munizioni che comunque diventano obsolete nell'arco di alcuni anni anche se inutilizzate, e se vengono utilizzate meglio perchè si "devono" ricostituire le scorte.

ah, se siete arrivati con la lettura fino a qui, potete alzare la testa e darvi una risposta alla domanda posta dal titolo.

giovedì 13 giugno 2013

I CITTADINI DI SIENA, VOTANO MA NON SCELGONO NULLA: IL CASO FONDAZIONE MPS

Il Cotec – Fondazione per l’innovazione tecnologica e il CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche hanno in comune il presidente, cioè l’esponente del Pd Luigi Nicolais. Il Cotec è una fondazione politica che come le quasi tutte le altre non pubblica l’elenco dei finanziatori. Il che, come abbiamo visto e come ha documentato Report, potrebbe innescare storie misteriose sul rigiro di soldi e sulla cattiva gestione del potere che potrebbero nascere. Tra i soci fondatori del Cotec troviamo, tra le persone fisiche, Giuliano Amato, una sorta di prezzemolo della galassia cultural/politica, e la Fondazione MPS. Sarà un caso che Nicolais fosse presente a Siena il 12 giugno per l’iniziativa dal titolo “Trasferimento tecnologico nell’area biomedica: dalla ricerca di base all’impresa” in programma a Siena tenuta presso l’Auditorium di Siena Biotech?
All’iniziativa è seguita l'inaugurazione della nuova sede dell'Unita' Operativa di Supporto (UOS) dell'Istituto di Fisiologica Clinica (IFC) del CNR di Siena, attiva nel settore dell'oncologia sperimentale. Sempre per caso,   nell’articolo di oggi di un quotidiano locale Nicolais avrebbe espresso il desiderio (sempre che non abbiamo inteso male) di accelerare una collaborazione con Siena Biotech (intento lodevole, una bella realtà della ricerca in crisi a causa di una gestione finanziaria sconclusionata), legandolo in qualche modo a uno dei posti che il nuovo Statuto della stessa Fondazione intenderebbe riservare a  soggetti non ancora precisati. E sempre per caso, il giorno dopo arriva la conferma dell’entrata in vigore del nuovo Statuto di Palazzo Sansedoni che recita (ove interessa a Nicolais) “due membri nell’ambito di altrettante terne di nominativi proposte rispettivamente da organismi regionali, nazionali o internazionali, individuati dalla stessa Deputazione Generale, operanti nei campi dell’Arte e della Cultura, della Ricerca Scientifica, dello Sviluppo Economico, della Tutela dell’Ambiente e del Paesaggio, della Cooperazione Internazionale, che abbiano rilevanza strategica per lo sviluppo del territorio di riferimento della Fondazione”.
Così il pregevole intento dichiarato di allontanare la politica dalla Fondazione è naufragato miseramente prima ancora che si proceda alla designazione dei membri della nuova Deputazione, e il fatto che i cittadini vadano a votare per scegliere chi dovrà decidere del loro futuro diventa una cosa sostanzialmente inutile perché il potere sta di casa altrove. Forse non è un caso legato all’approvazione di un bilancio che il comune sia stato commissariato: forse solo così, senza un referente del popolo e senza un responsabile, visto che il commissario Laudanna passerà alla storia senese proprio per la sua invisibilità, si poteva gestire una transizione che avrebbe cambiato il mezzo con cui una cupola politica gestisce una banca senza pagare dazio.
Sarà solo un caso ma, da quando esiste, solo oggi il Cnr si occupa di aprire una sua struttura in provincia di Siena. Ma Nicolais dovrebbe saper benissimo che in un paese democratico il conflitto di interessi proibirebbe che un referente di un soggetto beneficiato dalla Fondazione ne diventasse membro, anche se attraverso lo “schermo” di un terzo soggetto. Un discorso generale sulla cosiddetta Seconda Repubblica che ha di fatto ridotto gli spazi e le regole di democrazia in Italia ci porterebbe molto lontano, ma questa è la realtà in cui viviamo. Fin dal ritorno a Siena di Franco Ceccuzzi, “promosso” dal partito da deputato a sindaco, è iniziata la lunga marcia per togliere la parola Siena dall’insegna Monte dei Paschi.

mercoledì 12 giugno 2013

BOICOTTARE ERDOGAN, BOICOTTARE LA TURCHIA


ANCHE LA RADICALE BONINO, IN VESTE DI MINISTRO DEGLI ESTERI, METTE LA TESTA NELLA SABBIA E NON LEGGE I SEGNALI DI EVIDENZA ANTIDEMOCRATICA DEL GOVERNO ERDOGAN
CHE VORREBBE TRASFORMARSI IN REGIME TEOCRATICO ED ENTRARE LO STESSO NELLA UE
DISATTENDENDO UNO DEI PRINCIPI FONDAMENTALI DEL NOSTRO CONVIVERE, LA LIBERTA' D'INFORMAZIONE.

"Intanto il Consiglio Supremo della Radio e della Tv (Rtuk) turco, organismo di controllo nominato dal governo Erdogan, ha multato le piccole tv che hanno trasmesso in diretta le manifestazioni di protesta perché «hanno danneggiato lo sviluppo fisico,morale e mentale di bimbi e giovani»".

sabato 8 giugno 2013

CASTELLANZA: LA BONIFICA IN MANO AL NUOVO INQUINATORE?

UN COMITATO POPOLARE A CASTELLANZA, FRA VARESE E MILANO, STA LOTTANDO CONTRO IL PROGETTO DI UNA SOCIETA' ISRAELIANA, ELCON, DI IMPADRONIRSI DI UN'AREA INDUSTRIALE DISMESSA EX MONTEDISON PER REALIZZARVI SOPRA, DOPO UNA BONIFICA APPROSSIMATIVA, UN IMPIANTO DI SMALTIMENTO DI REFLUI CHIMICI E INDUSTRIALI

http://assembleanoelcon.blogspot.it/2013/02/il-lato-b-della-elcon.html

UN VECCHI ARTICOLO DI HAARETZ, QUOTIDIANO DI ISRAELE, NEL 2007 AVVERTIVA GIA' DELLA DELICATEZZA DELL'ARGOMENTO IN MANO A UNA SOCIETA' DI CUI PERFINO NEL PAESE IN CUI L'INTELLIGENCE RIESCE A SCOPRIRE UN UOMO CHE SI VUOLE FAR SALTARE PER ARIA NON SIA IN GRADO DI CONTROLLARE L'OPERA DI SMALTIMENTO RIFIUTI

http://www.haaretz.com/print-edition/features/environmental-protection-s-gray-market-1.225250

FIGURIAMOCI IN ITALIA DOVE IL COLABRODO E' PRIMA NELLE LEGGI E POI NELLA LORO APPLICAZIONE ...
lL'ASSOCIAZIONE FA PRESENTE CHE UNA DELLE FALDE ACQUIFERE PIU' UTILIZZATE NELLA ZONA, ABITATA DA 300.000 PERSONE, SI TROVA SOTTO TERRA A 350 METRI DAL POLO PETROLCHIMICO DA BONIFICARE.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/08/smaltire-175mila-tonnellate-di-rifiuti-chimici-in-centro-abitato-in-lombardia-forse/619696/

FONDAZIONE MPS: PAGARE PER NASCONDERE LA VERITA'

Accelerazione improvvisa del duo Profumo-Mancini che, d’amore e d’accordo nonostante qualche schermaglia ad uso e consumo del popolo bue e dei piccoli azionisti, proseguono imperterriti sullo svuotamento totale della Fondazione MPS così da far cadere esclusivamente sulle spalle della comunità senese conseguenze negative e responsabilità della cattiva gestione politica di Palazzo Sansedoni perpetrata più o meno scientemente in diciotto anni di fondazioni bancarie, perdipiù con l’uso disinvolto delle risorse dello Stato. Il prossimo 3 agosto la Deputazione degli inadeguati lascerà le poltrone, avendo esaurito il mandato quadriennale e perciò si deve correre affinché entro quella data una assemblea straordinaria di MPS opportunamente convocata dichiari, senza aver contrattato nemmeno un paracadute (concesso perfino ai Ligresti!), la fine del vincolo del 4% dei diritti di voto assembleare.
Ne è convinta anche La Repubblica, che intravede le mosse dei due presidenti nelle more del piano di ristrutturazione che Fabrizio Viola dovrà consegnare entro il prossimo 17 giugno Commissione Ue per giustificare il prestito-salvataggio da oltre 4 miliardi di euro (Monti bond) ricevuto dal Tesoro a marzo. “Gli incontri tra funzionari del governo, della Banca d'Italia, del Monte e di Bruxelles” chiosa il quotidiano nazionale “sono iniziati da qualche giorno, per arrivare in un paio di settimane a un accordo sugli impegni”. Nel piano saranno confermate le mosse già avviate nel campo del prepensionamento, della esternalizzazione dei servizi  e della chiusura di filiali doppioni o in perdita. Poi le osservazioni di prassi che limitano remunerazioni e dividendi, per  concludere con l'abolizione dell'articolo statutario che limita al 4% il voto per gli azionisti MPS diversi dalla Fondazione; una restrizione alla circolazione dei capitali che pare poco gradita al mercato, alla Commissione e a Bankitalia. IL CdA del 13 giugno, conclusi gli incontri, andrà quindi all’approvazione del piano, provvedendo anche a convocare l’assemblea  straordinaria da convocare entro fine luglio. Appunto qualche giorno prima della fine del mandato di Mancini e della Deputazione, che scriveranno così l’ultima pagina della vergogna di Siena lasciando a chi verrà una Fondazione che degli 11 miliardi di patrimonio che aveva se ne ritroverà in bilancio meno di 500 milioni. Conviene non pagare il residuo di debiti, contestare e ridiscutere tutto visto che i reati a monte di tutto ciò sono in fase di contestazione da parte della magistratura. Pagare oggi significa coprire i responsabili del dissesto, per rimanere poveri.
Già perché l’altra mossa in arrivo di Mancini, rinviata fino a oggi perché legata alla necessità che il valore del titolo MPS in borsa raggiunga una quotazione accettabile intorno 0,28 euro, è la vendita di un ulteriore 10% di azioni della banca. Lo scopo lodevole, secondo le intenzioni del ragioniere di San Gimignano, sarebbe quello di lasciare al Presidente che verrà una Fondazione libera dal fardello dei debiti contratti per finanziare l’aumento di capitale del 2011. Probabilmente lo scopo inconfessabile è che la chiusura delle partite ancora aperte tolga la possibilità ai nuovi amministratori di verificare e ricontrattare le operazioni debitorie in essere in questo momento. Una volta pagato è quasi impossibile farsi restituire il maltolto! E dal momento che l’inadeguatezza di questa Deputazione è fatto conclamato e incontrovertibile, come le condizioni  segrete dei contratti di indebitamento – alla faccia della città e della trasparenza che somiglia sempre più a una pessima carta igienica a due veli – niente di più facile che nell’ansia di esaudire la volontà del padrone che premeva affinché Palazzo Sansedoni aderisse senza discussioni all’ultima operazione d’immagine di Mussari, si siano fatti accordi capestro con le banche finanziatrici (che sapevano delle miserevoli condizioni della Rocca e che quindi avevano riluttanza a finanziare in cambio di pegno sulle azioni MPS) che hanno originato il famoso covenant che ovviamente ha messo in ginocchio quella che poco tempo prima era stata una potenza finanziaria del massimo livello. Conviene non pagare il residuo di debiti, contestare e ridiscutere tutto visto che i reati a monte di tutto ciò sono in fase di contestazione da parte della Magistratura. Pagare oggi significa coprire i responsabili del dissesto.

martedì 4 giugno 2013

UNIPOL: BERLUSKAZZ, L'AVREI FATTO ANCH'IO!

Naturalmente il titolo è una provocazione: io non lo avrei fatto.

Ascoltare e poi diffondere l'intercettazione in cui Fassino dice "Abbiamo una banca" così poi riportata dei servi dell'informazione del regime pubblicitario con i risultati elettorali poi avvenuti!

Ma pensiamoci bene, visto il rapporto reato - effetto - pena

chi non lo avrebbe fatto per appena 1 anno di carcere con la prescrizione?

Tra il reato, i benefici che si è procurati il reo e le conseguenze legali del suo crimine non c'è alcun rapporto di logica, tremendamente sbilanciata in favore del commettere il reato.

forse è per questo che gli investitori esteri si tengono lontani dall'Italia, non la cosiddetta "burocrazia statale", ma l'invertezza del legale del business, specie quelli in cui il berluskazz è coinvolto.

http://www.corriere.it/cronache/13_giugno_04/unipol-giudici-decisivo-ruolo-di-berlusconi_795bcff6-cd08-11e2-9f50-c0f256ee2bf8.shtml

lunedì 3 giugno 2013

AXA ASSURANCES GODE, SIENA PARECCHIO MENO

L’Amministratore Delegato di Axa, Henri De Castries, ha confermato ad Affari e Finanza, inserto economico de La Repubblica, due cose: che il Monte è una gran bella banca e che in matematica due più due fa quattro. “Come azionisti della banca abbiamo subito come tutti gli altri una riduzione del valore dei titoli" tuttavia  "L'investimento in Axa Mps sta invece dando buoni frutti: il management si è comportato estremamente bene anche durante la tempesta finanziaria". Cioè per fare bene i propri affari basta stare seduti dal lato giusto del tavolo, la parte dove si decide. Barattando con sagacia la distruzione di valore perpetuata dai vertici e dall’Area Finanza in cambio del monopolio della banca assicurazione: alla fine fra perdite e guadagni il conto torna: due più due appunto. Mica si arrabbia per le reiterate malefatte scoperte monsieur De Castries. Se per appoggiare Mussari il consigliere De Courtois (rappresentante di Axa in Rocca Salimbeni) abbia commesso reati non lo sappiamo e caso mai è un problema giudiziario che in Procura hanno dovuto valutare; rimane però il problema morale di un pessimo comportamento davanti a una città devastata dalla fine ingloriosa della banca che fu. Non sono mica migliori i signori di Axa di quelli che hanno avuto un mutuo senza garanzie, una casa regalata, una carriera senza meritocrazia, una percentuale sugli affari finanziari, affari immobiliari di dubbio successo per la banca ma non per i vari “re del mattone” che si sono avvicinati a MPS.
"Abbiamo fiducia nel nuovo management guidato da Alessandro Profumo e Fabrizio Viola e li supportiamo. Stanno facendo le cose giuste per vincere la sfida del risanamento": questa è la conclusione del manager transalpino, che per inciso ha la liquidità necessaria per investire il famoso miliardo che cerca Alessandro Profumo. Va così bene alla grande compagnia francese che all’assemblea di approvazione del bilancio del 29 aprile il consigliere De Courtois non si è presentato. Mancavano anche i consiglieri Turchi, Campaini, Briamonte, Demartini: qualche assenza eccellente, forse per evitare domande e rilievi imbarazzanti da parte degli altri soci. Ma gli affari non si fanno in assemblea: eventuali rapporti con Poste Italiane, di cui si è parlato (comprese le ovvie smentite degli interessati) per un accordo commerciale che potrebbe essere preludio per una nuova società compartecipata sotto l’attenta regìa di Cassa Depositi e Prestiti, aprirebbe nuovi canali di vendita dei prodotti assicurativi (14.000 uffici postali) proprio a scapito delle filiali della banca, che sempre meno si occupano di fare la banca tradizionale, per cui una ulteriore contrazione di personale sembra facilmente prevedibile.
Chissà che previsioni si leggeranno nella relazione che accompagnerà il Piano industriale sul numero dei dipendenti nel medio periodo, tanto quanto possa servire a mettere in piedi questa realtà con Poste Italiane. Già Viola gode dello spread intorno a 260, che automaticamente migliora i conti della banca, anche se il titolo in borsa si mantiene in leggera ascesa intorno a 24 centesimi. La data del 17 giugno si avvicina e l’appuntamento di Bruxelles riguarda tutto il sistema di potere che gravita intorno a Rocca Salimbeni. Ma è bene che si sappia che i processi decisionali e i verbali delle decisioni della Bce non sono pubblici e tutta l’informazione che ne avremo sarà parziale e centellinata da un ente che non è stato eletto dai cittadini europei e non risponde loro, né più né meno della Fondazione MPS nei confronti dei cittadini senesi, ma che controlla il nostro presente e il nostro futuro. E’ più probabile però che le informazioni complete arrivino al board di Axa e a monsieur De Castries, che continuerà a decidere se e a quali condizioni  mantenere l’investimento in MPS. La Bce osserva il caso Monte dei Paschi di Siena con molto interesse: in fondo le due ispezioni rivendicate da Banca d’Italia nel comunicato stampa del 31 maggio le aveva firmate proprio lui. Peccato non avesse mezzi, dal 2008 a fine 2011, per fermare lo scempio.

sabato 1 giugno 2013

LE FONDAZIONI POLITICHE, LOBBY O BANDE MAFIOSE? IL CASO CRUCIANI

In un post di qualche giorno fa, avevamo chiesto al presidente di MPS di indicare se la sua banca finanziasse le fondazioni di origine politica che pullulano ormai nel nostro paese e che sono ben protette nel loro anonimato da una legge

D.P.R. 10.02.2000 n° 361 , G.U. 07.12.2000
 
che fu fatta da Massimo D'Alema, presidente del consiglio nel 2000 e dal ministro della funzione pubblica di allora Franco Bassanini. Guarda caso due dei primi e più tosti esponenti della lobby, il primo con la fondazione "Italianieuropei" e il secondo con la fondazione "Astrid".  
 
Di quale anonimato si parla? Nei loro siti internet ci sono molte informazioni, ma quelle fondamentali mancano. Manca l'elenco dei benefattori, quelli che versano soldi  e quanti soldi versano. Queste fondazioni, probabilmente non per caso, non sono costrette dalla legge a pubblicare l'elenco. Così in nome di una privacy pelosa e disinformante, non possiamo renderci conto se la loro proposta politica nasce dai bisogni dei cittadini o dall'affarismo dei finanziatori.
 
Al Parlamento, poco dopo il nostro articolo
 
 
una senatrice di M5S ha presentato un illuminante intervento in proposito:
 
“Tra gli sponsor della fondazione "VeDrò", vera unione del governo Pd-Pdl” – ha denunciato la senatrice PAOLA NUGNES– “abbiamo i colossi del gioco d’azzardo Sisal e Lottomatica; per energia e ambiente abbiamo Enel, Eni, Edison; per i trasporti Autostrade per l’Italia; per il settore alimentare Nestlè”. Paola Nugnes ha anche elencato le personalità politiche appartenenti all’associazione: oltre ad Enrico Letta, anche Angelino Alfano, Andrea Orlando, Maurizio Lupi, Nunzia De Girolamo, Beatrice Lorenzin, Corrado Passera, Laura Ravetto, fino ad esponenti di centrosinistra come Francesco Boccia, Giovanni Melandri, Deborah Serracchiani, Matteo Renzi, Michele Emiliano, Luigi De Magistris (che poche ore fa ha seccamente smentito sulla sua pagina facebook). “Ma anche tanti giornalisti illustri” – ha aggiunto l’esponente del M5S – “come Curzio Maltese, Filippo Facci, David Parenzo e Giuseppe Cruciani, tutti impegnati in un legittimo disegno politico comune che ci inquieta“. “Tra gli sponsor della fondazione, vera unione del governo Pd-Pdl” – ha denunciato la senatrice – “abbiamo i colossi del gioco d’azzardo Sisal e Lottomatica; per energia e ambiente abbiamo Enel, Eni, Edison; per i trasporti Autostrade per l’Italia; per il settore alimentare Nestlè”. Paola Nugnes ha anche elencato le personalità politiche appartenenti all’associazione: oltre ad Enrico Letta, anche Angelo Alfano, Andrea Orlando, Maurizio Lupi, Nunzia De Girolamo, Beatrice Lorenzin, Corrado Passera, Laura Ravetto, fino ad esponenti di centrosinistra come Francesco Boccia, Giovanni Melandri, Deborah Serracchiani, Matteo Renzi, Michele Emiliano, Luigi De Magistris (che poche ore fa ha seccamente smentito sulla sua pagina facebook). “Ma anche tanti giornalisti illustri” – ha aggiunto l’esponente del M5S – “come Curzio Maltese, Filippo Facci, David Parenzo e Giuseppe Cruciani, tutti impegnati in un legittimo disegno politico comune che ci inquieta“.

Cruciani e Parenzo, che conducono "La Zanzara" su Radio 24 pare se la siano presa molto a male. Ma purtroppo ce la siamo presa a male pure noi, tanto da far venire grossi dubbi sulla vera natura dell'irriverenza del duo verso la politica che sterzi, nel mondo del regime pubblicitario, verso una precisa educazione politica del radioascoltatore blandito dall'apparente qualunquismo e pressapochismo da bar finto ingenuo del duo. Facci è politicamente apertamente impegnato, se lo leggi sai come prenderlo e interpretarlo, mentre Cruciani non è quel cane sciolto che vuol far credere di essere. A meno che non confessi la leggerezza di non aver capito che iscrivendosi a una fondazione politica non faceva altro che aderire a quel mondo che vorrebbe prendere in giro. 

LA RESPONSABILE IRRESPONSABILITA' DELLA FONDAZIONE MPS

“Non si costruisce niente sulla difesa delle rendite e del proprio particolare”. Parole e musica di Ignazio Visco, governatore di Banca d’Italia, pronunciate con il plauso dell’Acri, la potente associazione delle Fondazioni bancarie italiane ella giornata di venerdì 31 maggio. Uno spartito destinato anche ad imprese e governo, sindacati e società civile. E che suona strano assai, se riferito proprio alle ultime vicende di Palazzo Sansedoni. Una Fondazione, quella senese, caratterizzata da uno statuto che dava al suo organo di governo  una responsabile irresponsabilità: quella di essere svincolata dal rendere conto dell’operato dei suoi deputati verso chi li aveva nominati nell’incarico. Al punto che, davanti al depauperamento del patrimonio societario di oltre 12 miliardi di euro, miliardo più miliardo meno, essi non ne devono rendere conto responsabilmente a nessuno. La rendita perfetta, nel bene come nel male, prebende e gettoni di presenza certi e non contestabili.
E come tali essi si comportano almeno nei riguardi della città a cui versavano peana di adorazione. Perché celeri si sono mossi nel seguire la volontà delle Istituzioni che hanno loro comandato di modificare lo statuto, prima che il governo delle macerie sia posto in altre mani, incuranti della loro manifesta incompetenza a dirigere la baracca. E meno male che l’incompetenza non è un reato, altrimenti un bel soggiorno al carcere di Santo Spirito (con vista sulla Valle di Follonica) non lo eviterebbero. Si disse che la clausola dell’articolo 7 paragrafo 2 “I membri della Deputazione generale non rappresentano gli enti dai quali sono stati nominati, né rispondono ad essi del loro operato” doveva servire a tenere la politica lontano dalla sana gestione della Fondazione e della banca a cui codeste persone dovevano dare indirizzo e uomini capaci e competenti. Ma è successo esattamente il contrario, con un presidente (Mussari) di nomina squisitamente politica – tessera del Pci in tasca - diventato presidente della banca senza avere titoli ed esperienza adeguati al compito, un vicepresidente (Mancini) con forse qualche esperienza di bilancio Asl promosso a ruolo di nume tutelare della banca MPS di cui si possedeva la maggioranza assoluta.
Di male in peggio, se possibile, si va con questo nuovo statuto. Nella nuova formulazione dell’articolo 7 paragrafo 2 questo concetto viene fumosamente ampliato per fare in modo che i nominati in Deputazione continuino a non dover rendere conto a nessuno del loro operato. Caso mai, la maggioranza di loro (qualcuno per fingere di essere in democrazia ci deve pur figurare) dovranno continuare a far riferimento alla lobby (o al partito) che gli ha permesso di ottenere quel posto: quel qualcosa di impalpabile che tutti conosciamo sulla nostra pelle ma che essendo appunto impalpabile non ne potremo mai provare l’esistenza. Ecco: una Deputazione che viene a conoscenza “a cose fatte” dell’acquisto di Antonveneta e non ha altra chance che approvare incondizionatamente una operazione che, se mai doveva esistere, doveva essere originata da lei stessa, è un capovolgimento dei ruoli che per il futuro non potrà essere eliminato.
Con il beneplacito, ovviamente del Ministero dell’Economia, di Guzzetti e dell’Acri e naturalmente del buon governatore Ignazio Visco: la rendita di Siena (una elemosina di lusso ma solo perché nessuno ne potesse contestare la governance perché non è giusto sputare nel piatto dove si mangia) può finire, la rendita della politica romana nel controllo della Fondazione MPS deve continuare. Come la responsabilità della gestione deve rimanere solo un concetto buono per le feste comandate. Questi politicanti che oggi danno lezione di stile e di capacità alla città di Siena e che plaudono allo spezzar di catene del giogo senese soffocante nella difesa del proprio particolare, sono quelli che vogliono continuare a curare al meglio il loro particolare, disporre nuovamente della banca più antica del mondo, espropriata a Siena nel 1995.
Perché le rendite, caro governatore della banca d’Italia Visco, erano non nei soldini per restaurare palazzi e rattoppare strade, per costruire scuole e nemmeno per far funzionare club sportivi o associazioni musicali. Erano negli immobile svenduti agli amici, nei mutui facili senza garanzie e senza solvibilità concessi ai vari Amato, Verdini e chissà quanti ancora. Erano negli stipendi delle partecipate in mano a personaggi di chiara fama in fatto di capacità finanziarie, erano nelle carriere bancarie al fulmicotone degli uomini del partito e del sindacato anche partendo dal ruolo di semplice commesso senza nemmeno un titolo di studio adeguato, altro che meritocrazia. Erano nelle persone che avevano trasformato la capacità della politica di immaginare il futuro migliore in un presente meravigliosamente finto per i tanti che non riescono ancora a guardare oltre il proprio naso.

venerdì 31 maggio 2013

BANCA D'ITALIA-MPS: SAPERE E TACERE NON PORTANO MAI DA NESSUNA PARTE

Questa mattina la Banca d’Italia ha pubblicato un documento in cui si ripercorrono le tappe della storia della banca Monte dei Paschi di Siena dal 2008 (acquisto di Antonveneta dal gruppo spagnolo Santander) ad oggi. Palazzo Koch rivendica che “l’azione di vigilanza negli ultimi anni è stata continua e di intensità crescente”. Visti i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, si deve desumere due cose: che gli interventi sono comunque stati tardivi e che la legislazione in materia è alquanto carente, se davvero in Banca d’Italia tutti possono affermare di aver svolto tempestivamente e correttamente il proprio ruolo. Segue alla dichiarazione di principio salvifica una ricostruzione cronologica degli avvenimenti. Dapprima si conferma che l’impegno per l’istituto di credito senese è di 18,5 miliardi (9 di acquisto + 9,5 di restituzione ad Amro di linee di credito concesse ad Antonveneta) e che Mussari e Vigni abbiano ottemperato alle prescrizioni richieste. Ma non è così, scrive Palazzo Koch e a maggio 2008 si avvia “un’approfondita analisi dello schema contrattuale dell’operazione FRESH”. Ciò presuppone che il perfezionamento dell’acquisto, essendo subordinato agli esiti della verifica, si debba intendere sospeso. Invece il 30 maggio MPS dichiara di aver chiuso con Santander l’esecuzione del contratto. Mentre l’analisi arriva a fine ottobre, quando i suoi effetti sarebbero già completamente nulli: chi riporterebbe indietro i soldi volati a Londra e in Spagna? E’ ovvio che Banca d’Italia, anche in assenza delle carte che verranno scoperte più recentemente, può solo dire di si, anzi salomonicamente “ne prende atto” che non vuol dire si ma è solo un timido tentativo di sgravio di responsabilità.    
Dalla seconda metà del 2009 per la Vigilanza è chiaro che i problemi di liquidità del Monte sono enormi e in crescita continua e convoca ripetutamente i vertici della Rocca all’inizio del 2010. “La situazione della banca viene giudicata di scarsa chiarezza e potenzialmente critica” ma evidentemente non ci sono i poteri per allontanare gli scadenti amministratori e nemmeno per comunicarlo ai soci della banca, dediti a santificare il buon governo con la Fondazione a distribuire a pioggia (clientelismo localistico?) gli utili prodotti dal depauperamento del capitale sociale. Quando saranno accessibili le carte, si chiariranno eventuali connivenze e omissioni della Deputazione o la sua totale ignoranza della situazione, benché i campanelli d’allarme in città e nella continua perdita di valore del titolo in Borsa suggerivano. Ma Banca d’Italia è lenta: solo nell’agosto capisce l’origine dei problemi: “l’irrigidimento degli investimenti in titoli pubblici, il cui valore risulta assai cospicuo (circa 25 mld). In particolare la condizione di liquidità, caratterizzata da elevata volatilità dei saldi, risente soprattutto di due operazioni di repo strutturati su titoli di Stato effettuate rispettivamente con Deutsche Bank e Nomura per un valore nominale complessivo di circa 5 miliardi di euro, con profili di rischio non adeguatamente controllati e valutati dalla struttura di MPS né compiutamente riferiti all’Organo Amministrativo”. Si riporta il passaggio preciso del documento, perché sembra di capire che nell’agosto 2010 la banca d’Italia abbia scoperto al reale portata di Alexandria e Santorini e non quando sono stati ritrovate, due anni dopo, le carte nella cassaforte “dimenticata” di Vigni.
In effetti Palazzo Koch si prende un anno di tempo per verificare meglio Santorini: “Fermo restando che la Banca d’Italia non ha poteri in materia di valutazioni di bilancio, in considerazione della complessità dell’operazione e dei possibili spazi interpretativi concessi dalle regole contabili IAS, la Banca d’Italia decide nel novembre del 2011 di sottoporre la questione a specifici approfondimenti contabili in collaborazione con le altre Autorità di settore anche al fine di predisporre una nota di chiarimenti all’intero sistema bancario”. Solo però averne parlato nel 2010 poteva servire a cambiare e salvare il salvabile, invece di dare opportunità al vertice della Rocca di continuare nell’opera di imboscamento e di ideazione di spericolate manovre (come l’aumento di capitale del luglio 2011 che la stessa Banca d’Italia ha approvato!) per tentare di nascondere la situazione a tutti. Quell’aumento di capitale che ha condannato a morte la Fondazione.
E’ proprio la Vigilanza a chiedere l’aumento di capitale “che sia elevato per tenere conto dell’esposizione al rischio sovrano e dell’esigenza di rafforzare la tenuta della banca in occasione degli esercizi di stress test da condurre a livello europeo” e che stima in 3,2 miliardi di euro, di cui due materialmente versati dai soci. Che erano o no al corrente di quanto faceva e disfaceva la Direzione Generale? “MPS dichiara che i repo strutturati in titoli di Stato trovano ratio economica nel sostegno alle strategie di carry trade e nell’intenzione di assumere profili di rischio-rendimento mitigati nell’ambito della complessiva posizione della banca. Per tali ragioni e in considerazione del rispetto dei limiti operativi in essere, le stesse non erano state sottoposte all’organo amministrativo, ma approvate in sede di Comitato Finanza e dal Direttore Generale”: dopo questa dichiarazione fatta alla Vigilanza, che significa semplicemente che operazioni della grandezza finanziaria superiore alla capitalizzazione della banca stessa possono essere sottratte alla conoscenza, verifica e approvazione degli Amministratori, per la Banca d’Italia è normale che i soci tirino fuori i soldi della ricapitalizzazione senza essere veramente a conoscenza del perché: è solo carenza di legislazione, questa?
A settembre 2011 la posizione della banca e del DG Antonio Vigni è sempre più indifendibile anche per gli organi di controllo. Cause sono il peggioramento delle condizioni di mercato e l’aggravio dei costi generati dal sempre più massiccio acquisto di titoli di Stato italiani. I Tremonti bond, la scusa presentata da Mussari per giustificare l’aumento di capitale, non vengono restituiti e, inspiegabilmente, di essi nel documento odierno non se ne fa neanche cenno. La Banca d’Italia oggi viene dipinta così da se stessa come un moloch dai piedi d’argilla che vede il castello della finanza senese crollare dalle fondamenta nel periodo 2008-2012 senza alcuna capacità di intervento sanatorio, strutturale, perfino informativo perché al di là di poche voci, tra cui la nostra orgogliosa, tutto è rigorosamente segreto in barba al fatto che MPS è una società quotata in borsa. Può solo e in gran segreto organizzare “operazioni di prestito titoli: a fronte della costituzione di idonee garanzie, sono prestati titoli altamente liquidi, utilizzati da MPS per finanziarsi sul mercato mediante operazioni di repurchase agreement”. Solo il 15 novembre 2011 viene ufficialmente chiesta al CdA “una rapida, netta discontinuità nella conduzione aziendale”.
Tutto il resto è storia conosciuta, dall’arrivo di Fabrizio Viola e quello successivo di Alessandro Profumo, delle prescrizioni faticosamente soddisfatte per l’Eba, della promozione carrieristica di Giuseppe Mussari. Il cerchio si chiude il 10 ottobre 2012 con il ritrovamento del contratto originario con Nomura data 31 luglio 2009. E Santorini esce fuori, come Nota Italia: ma siamo già nel 2013 e un guardiano che chiude la stalla dopo la fuga dei buoi non serve più a nessuno. Come funziona la Banca d’Italia? Come si possa permettere che il controllo pubblico di un bene fondamentale e di così grande incidenza sulla vita dei cittadini di una Nazione possa essere acriticamente essere messo nelle mani di una associazione privata, che tale è Palazzo Koch, i cui soci sono le stesse banche che dovrebbe controllare, è un mistero della politica contemporanea, che così succede anche in altri stati. Tra i soci c’è naturalmente anche il Monte dei Paschi di Siena …
http://www.bancaditalia.it/media/chiarimenti/Interventi_MPS_maggio_2013.pdf

venerdì 24 maggio 2013

IL FRESH, TRAPPOLA DELLA FINANZA MEDIATICA

Se ne erano accorti, a Piacenza, che dai Fresh del Monte dei Paschi stavano arrivando solo perdite fin da un anno fa. Il Corriere della Sera, nello scorso 31 gennaio, aveva raccontato che la Fondazione Cassa Piacenza e Vigevano aveva acquistato quel titolo ibrido che era tassello fondamentale della strategia di Mussari e Vigni per mettere insieme i soldi necessari all’acquisto di Antonveneta. Il Consiglio Generale della Fondazione subito dopo aveva dato alla stampa un comunicato chiarificatore: “La Fondazione di Piacenza e Vigevano non ha mai acquistato “il titolo Fresh” e quindi, non ha effettuato alcun esborso di denaro, a differenza di quanto riporta il Corriere della Sera del 31.01.2013. Nell’aprile 2008, Prometeia, consulente finanziario di numerose Fondazioni bancarie, consigliò alla Fondazione di Piacenza e Vigevano, l’acquisto futuro (attraverso la stipula di un contratto Swap) del titolo “Fresh”, specificando con parere scritto, che tale investimento aveva un “buon rendimento” e, un basso profilo di rischio, ed era “coerente” con il portafoglio della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Alla luce di tali valutazioni fu sottoscritto il relativo contratto di Swap con J.P. Morgan, in forza delle condizioni che erano state prospettate. Peraltro, nello scorso anno e, quindi ben prima dei fatti giudiziari riportati dalla stampa in queste settimane, la Fondazione di Piacenza e Vigevano, resasi conto che le caratteristiche dello strumento finanziario e, del titolo “Fresh” ad esso collegato, erano differenti da quanto prospettato, comportando rischi superiori a quanto era stato indicato, avviò un’azione giudiziaria civile contro J.P. Morgan e Prometeia, contestando l’operazione stessa. Si ribadisce infine, che tale operazione è stata “sempre ampliamente illustrata in tutti i bilanci d’esercizio».“
Si deve desumere che Prometeia e JP Morgan abbiano avuto buon gioco a piazzare presso fondazioni e investitori privati il 51% del Fresh visto che la Fondazione senese aveva sottoscritto swap (derivati) per il restante 49%. la Fondazione Cariparo (Cassa di risparmio di Padova e Rovigo), uno dei più importanti azionisti di Intesa Sanpaolo (4,2%) ha comprato titoli Fresh per 30 milioni e ora si trova una minusvalenza di 20 nel bilancio approvato ad aprile 2013. “L'investimento - afferma la Cariparo, interpellata dal Corriere della Sera - è stato consigliato alla Fondazione nell'aprile 2008 da Prometeia, a quel tempo consulente della Fondazione sull'asset allocation”. La Fondazione Cassa di Gorizia ha portato in Friuli una tranche da 3 milioni che adesso ne vale uno; il presidente Franco Obizzi la prende con filosofia: “Era un investimento interessante”. Fondazione Cassa di Livorno (7,6 milioni di obbligazioni convertibili), Pistoia (10 milioni) ma anche Fondazione del Monte a Bologna (3 milioni in Fresh). Poi Navale Assicurazioni del gruppo Unipol (10 milioni). Piccole tranche in alcuni fondi di investimento dei gruppi Anima, Nextam Partners, Banca Finnat (New Millenium Sicav) e Banca Arner (Areion Fund). Ci sono rimasti un po’ dentro anche i notai con la loro ricchissima cassa e molte coop, secondo quanto si sente dire, e a Firenze mugugnano perfino i lavoratori  sull’operato di Turiddo Campaini, recentemente sanzionato da Banca d’Italia.
Ma tutti questi investitori ci avevano messo poco in questa operazione. E’ il grosso, quella Fondazione MPS che aveva sottoscritto per 490 milioni di euro, che si dovrebbe muovere. Quali carte hanno firmato Mancini e Parlangeli a Prometeia e JP Morgan? Perché non contestano come la Piacenza e Vigevano la inesistente trasparenza dell’operazione Fresh che in facciata era un aumento di capitale riservato alla banca d’affari americana? Una storia poco chiara, tanto che l’iter alla Banca d’Italia fu lunghissimo e l’autorizzazione arrivò solo a settembre 2008, quando il closing dell’acquisto di Antonveneta si era chiuso il 30 maggio precedente. E se palazzo Koch a posteriori non avesse approvato? Sarebbero tornati indietro i soldi partiti con i famosi bonifici a Santander? Si era certi che sarebbe stato tutto approvato, evidentemente. E’ probabile che la politica possa aver consigliato alla burocrazia romana di non andare troppo per il sottile. Mancini avrebbe oggi l’opportunità, invece di svendere le ultime azioni del Monte che gli restano in portafoglio, di richiedere indietro a JP Morgan il maltolto di 490 milioni come sta facendo la fondazione lombardo-emiliana. Facile, troppo facile: la paura forse è che innescare il meccanismo di contestazione di un  affare che col senno di poi assomiglia più a una truffa potrebbe finire per travolgere definitivamente chi quel contratto l’aveva firmato in nome di Siena.

giovedì 23 maggio 2013

MPS FINANZIA LE FONDAZIONI CHE NE DIRIGONO I PASSI?

“Banca viveva della politica, oggi ne è lontana” (13/12/2012). “Siamo una banca, non dipendiamo dalla politica” (25/01/2013). Sono due delle tante dichiarazioni di Alessandro Profumo per confermare che con la sua nomina politica, realizzante, si dice, la volontà dell’ex sindaco di Siena Ceccuzzi attraverso lo strumento della Fondazione MPS, l’istituto di credito senese avesse imboccato una strada nuova. Ma la strada che ha condotto in Toscana l’ex Ad di Unicredit passa attraverso il fenomeno trasversale politico degli ultimi dieci anni, le fondazioni, che hanno sostituito le correnti nei partiti e non hanno nemmeno il fastidio di dover cercare tessere, e confrontarsi con gli elettori. Oltre alla disinvoltura con cui possono imbarcare trasversalmente esponenti di tutti i partiti. Adesso che con qualche scandalo sono emerse storie di tangenti mascherate, attività di lobbying illegali, come denunciato sui quotidiani e dalla trasmissione Report, dobbiamo prendere coscienza che attraverso questi strumenti, autorizzati da una legge che fa acqua da tutte le parti, si condiziona e si decide il futuro dell’Italia. La fondazione VeDrò fondata da Enrico Letta e Angelino Alfano esprime in questo governo casualmente bipartisan oltre ai due, presidente e vicepresidente del Consiglio, diversi ministri: Maurizio Lupi, Andrea Orlando, Nunzia De Girolamo, Josefa Idem, la canoista ministro, evidentemente, non per meriti sportivi. Oltre alla “simpatizzante” Beatrice Lorenzin, fanno parte del network di VeDrò nomi prestigiosi comei Pier Luigi Sacco, impegnato con Siena Capitale della cultura europea 2019, e l’unico senese del gruppo, l’allenatore della Nazionale di basket Simone Pianigiani.
La banca Monte dei Paschi, alle prese con i tagli paurosi ai posti di lavoro, agli stipendi del personale e alle sponsorizzazioni sportive partecipa nel finanziare questi cosiddetti pensatoi della politica? Profumo, espressione della politica, ne è veramente lontano? Da aprile 2012, da quando è diventato presidente, risulta che Rocca Salimbeni ha acquistato spazi pubblicitari su una rivista mensile con 1000 abbonati praticamente sconosciuta (ma che mette insieme quasi 600.000,00 euro di introiti pubblicitari) che fa capo alla fondazione Italianieuropei di cui è presidente Massimo D’Alema. Certamente meno e spesi meglio i quattrini dati alla Festa provinciale del Pd in Fortezza, almeno in quanto a visibilità! E non è che in città il nome dell’ex segretario nazionale della Fgci nel 1975 sia molto popolare di questi tempi. Se poi Profumo abbia indirizzato a questa “fondazione di cultura politica” altri soldi in donazione, non è dato saperlo, non è spesa da dettagliare nel bilancio della Rocca, in primis. E perché i furbi politici italiani, fatta la legge hanno fatto anche l’inganno: hanno concesso alle loro fondazioni di poter non pubblicare i nomi dei benefattori . Fondazioni come slot machines protette da una attenta privacy «in quanto dai finanziamenti si potrebbe desumere l'orientamento di chi ha elargito il contributo»: così ebbe a scrivere proprio Massimo D'Alema, quando il suo procacciatore Vincenzo Morichini fu coinvolto in un'inchiesta.   
Alessandro Profumo è socio ordinario di Italiadecide, altro think tank in cui siede in ottima compagnia: oltre a singole persone (Giuliano Amato, Gianni Letta, Giulio Tremonti, Franco Bassanini i più rilevanti per la storia senese)possono essere soci imprese come Autostrade per l’Italia Spa (che non si vede mai rifiutato un aumento dei pedaggi dal governo di turno), Enel, Eni, Ferrovie dello Stato, Unicredit, Intesa San Paolo. Partono da Siena donazioni verso questa fondazione? Con queste aderenze amicali si capisce come possa succedere che con una situazione finanziaria simile istituti bancari europei come Dexia o Bankia vengano nazionalizzati, mentre per MPS si inventano “nuovi strumenti finanziari”. Chissà se all’estero stanno studiando l’ultima furbata italiana. Ma lì hanno una piaga sociale che si chiama trasparenza, quella vera. Intrecci complessi e quasi perversi di cui Profumo, se veramente vuole che la politica rimanga fuori dalla banca, deve dare informazione e spiegazione. Tra l’altro Amato e Bassanini sono anche i fondatori di Astrid, un pensatoio da cui proviene il componente del CdA di MPS Tania Groppi e di cui abbiamo già scritto per l’influenza che hanno avuto questi signori nell’imporre alla città la leadership del loro “protetto” Giuseppe Mussari.

mercoledì 22 maggio 2013

CHE PENA PENATI!

I giovani d'oggi mi chiedono perchè il PD non ha mai fatto la legge sul conflitto di interessi e spezzato le catene del malaffare. Adesso che si leggono gli esiti delle vicende giudiziarie di Penati, che gode della prescrizione che fino a ieri spergiurava di non voler usufruire, di domande non ne fanno più.

Ragazzi intelligenti, vero?

La legge è nuova di zecca, varata dal governo Monti e chiamata pomposamente con le solite definizioni del regime pubblicitario "legge anticorruzione", mentre in realtà serve solo a togliere dai processi oggi Penati, domani il berluskazz e i suoi scherani.

Grande protagonista l'avvocato-ministro Paola Severino, che avrà grandi ringraziamenti dai suoi clienti e da quelli dei suoi colleghi, che vincono sempre facile contro lo Stato a cui cambiano continuamente le carte in mano passandogli le scartine.

Gli investitori stranieri staranno ancora più lontani dall'Italia, facile profezia.

domenica 19 maggio 2013

"COLPO DI STATO" A SIENA

Le fortissime critiche piombate addosso alla Fondazione MPS hanno costretto presidente e provveditore a diramare un comunicato, tradendo così il tradizionale silenzio che ne ha ispirato le mosse per tutti questi anni. Silenzio da essi definito “riserbo”, ma che ha lasciato concretamente la città nell’ignoranza dei fatti e nella capacità critica di capire cosa ci veniva nascosto. E il comunicato dimostra fino in fondo la perversa coerenza di Gabriello Mancini, per quanto possa non piacere a molti. All’art 7 paragrafo 2 dello statuto (vecchio, il nuovo si saprà dopo l’approvazione del Ministero dell’Economia) si afferma che i deputati non rispondono agli enti nominanti del loro operato. E della sua autonomia la Deputazione è stata così gelosa da subire di tutto e di più, fino allo sfogo clamoroso di Mancini che diceva all’Hotel degli Ulivi di “aver ubbidito agli ordini”! E l’ubbidienza nonostante l’autonomia e la paura di poter non essere rinnovato l’anno seguente è stata caratteristica di questi amministratori così sagacemente messi dal sindaco Cenni, dal presidente della provincia Ceccherini e via dicendo, che tutti i nominati hanno un nominante che oggi non risponde delle azioni e delle scelte fatte. Altro che responsabilità! La Deputazione fece sapere di aver appreso dell’acquisto di Antonveneta “a cose fatte”: era novembre 2007 e la vendita si realizzò compiutamente il 30 maggio 2008. Contestare nell’interesse della città e bloccare una operazione irrealizzabile per le capacità del Monte dei Paschi era possibile ma nulla fecero. Nel luglio 2011 l’operazione aumento di capitale, nonostante fosse stata negata per mesi al punto di minacciare querele a destra e manca, si fece per non far cadere dalle poltrone Mussari e Vigni, non nell’interesse della città. Anche qui si dice che i consigliori del presidente (le varie banche d’affari Rothschild e Credit Suisse) “misero per iscritto le loro perplessità sull'entità e sulle modalità tecniche dell'operazione”. Queste carte però Mancini le tiene riservate (o nascoste, dipende dai punti di vista) forse, quando arriveranno i nuovi amministratori, rimarranno solo ipotesi giornalistiche passate nel tritacarte. Nell’interesse della città questo secondo aumento non si doveva proprio fare, si doveva mantenere le partecipazioni in Mediobanca, Cassa Depositi e Prestiti e F2i, che soddisfazioni ai loro soci ne hanno date nonostante sia crisi economica per tutti.
Perfino la gestazione del nuovo statuto avviene per l’impossibilità di Mancini di non ubbidire agli ordini, stavolta dell’Acri e di una sentenza della Corte Costituzionale intenzionalmente ignorata per dieci anni. Non hanno pensato in Palazzo Sansedoni all’interesse della città, altrimenti lo avrebbero scritto nel comunicato: rileggetelo e noterete che “l’interesse della città” nel comunicato di venerdì 17 non viene mai nominato. Né alla adeguatezza di questa Deputazione che ha certificato, nell’ultimo bilancio, di aver dilapidato con le proprie scelte infelici (che non si possono mai scaricare ad ordini superiori se nessuno ha la potestà di dare ordini alla Deputazione della Fondazione MPS) un patrimonio plurimiliardario. Riguardo alla presunzione di legittimità, pare che ci sia un fascicolo aperto in Procura: certo da quando si è capito che la querela porta la Magistratura a verificare se il querelante abbia o non commesso quello che gli viene attribuito, l’arma per zittire le critiche si è trasformata in un boomerang. Certamente, andando in scadenza il 5 maggio 2013 (quando Mancini è statutariamente obbligato a far indicare agli enti preposti i nominativi dei nuovi deputati designati), la Fondazione non poteva firmare l’impegno con l’Acri di modificare lo statuto entro il 30 giugno 2013, periodo in cui non aveva più i pieni poteri sul futuro. Mosse strumentali della Deputazione che ne affermano inadeguatezza gestionale e subalternità alla politica che vorrebbero fuori dalla porta. E infatti per rimediare all’ennesimo errore, Mancini ha dovuto chiedere al Ministero dell’Economia “in via eccezionale una disposizione transitoria” che, guarda caso, farebbe slittare l’inefficacia degli atti di questi signori di un mese.
Omertà carbonara. Nel comunicato si afferma che, per la gestazione del nuovo statuto, “incontri si sono poi svolti con i capigruppo della Provincia di Siena, con le categorie economiche presso la Camera di Commercio, con le organizzazioni sindacali, con la Consulta Provinciale del Volontariato, con i sindaci dei Comuni della nostra provincia, con il Magistrato delle Contrade”. Niente nomi di chi abbia partecipato agli incontri, nessuna pubblicità degli incontri stessi, nessun comunicato dei risultati di detti incontri, nessun incontrato che abbia dichiarato nulla in proposito. La Fondazione (la cosa più pubblica di Siena) è stata trattata come una società privata alla ricerca di nuovi amministratori, altro che senesità e interesse della città. In questo senso le critiche che abbiamo rivolto alla Fondazione già da un anno si sono confermate al 100%, e Palazzo Sansedoni ci conforta affermando che il nuovo statuto sarà disponibile alla pubblica lettura dopo l’autorizzazione del ministero dell’Economia, cioè quando non sarà più possibile alcuna contestazione e alcuna modifica. D’altra parte la giustificazione che la bozza sia stata disponibile è una burla grossolana, dato che in essa i passaggi qualificanti e determinanti sono stati omessi. Il fatto che il principale socio della Fondazione non potesse partecipare alla consultazione poi. È una ulteriore dichiarazione che è stato, in termini grillini, proprio “un colpo di stato”. Dal luglio 2012, quando si dice sia iniziato il processo di revisione statutaria, in Fondazione sapevano che il commissariamento del Comune impediva il processo democratico di scelta per mancanza del principale interlocutore. Oggi quali sono i risultati concreti delle scelte politiche di Mancini & C.?
Non c’è certezza ancora delle decisioni su chi nominerà i deputati. Pare che il Comune invece di otto ne nominerà quattro, e la nomina andrà agli equilibri politici interni al Consiglio Comunale: oltre il rischio di una maggiore lottizzazione il ruolo del nuovo sindaco verrà ridimensionato totalmente. Due deputati (invece che cinque) alla Provincia, ma stavolta li nominerà sempre un esponente del Pd, il presidente Bezzini. Camera di Commercio,  Consulta Provinciale del Volontariato e Sindacati sono enti controllati fortemente dalla politica, ma non sono soggetti alla volontà popolare che si manifesta con le elezioni amministrative. Per non parlare poi dei due posti riservati a enti esterni alla città di Siena che non si ha idea chi possano essere, di certo le lamentele che provengono da Grosseto indicano che le autonomie locali non sono state ascoltate. Risultato: il rischio che ci sia un travaso di potere da quello vecchio a uno nuovo formato dalle stesse persone e dagli stessi interessi è certezza. Infatti nel testo licenziato sembra che ci sia la rinuncia a obbligare la sede sociale e amministrativa della banca a Siena: davvero i padroni di banca MPS erano altrove da sempre, nascosti dietro il paravento della senesità.

COME E' FACILE AGGIRARE LA BANCA D'ITALIA, CONSOB E ANTITRUST

L’ultimo scandalo del Monte dei Paschi di Siena, che racconta di domenica Il Fatto Quotidiano, è apodittico perché rivela un’altra irregolarità compiuta per nascondere il fatto che la banca non aveva la capacità di acquistare Antonveneta truccando da quel momento sistematicamente i conti per nascondere i buchi. Buchi nei quali personaggi riferibili all’Area Finanza, la cosiddetta “Banda del 5%” si sarebbe infilata per procacciarsi indebiti guadagni senza che nessuno potesse scoprire come stavano veramente le cose. Perché questa gente allontanava chi, all’interno della banca, fosse in grado di scoprirle e circondandosi di yesman privi di qualsiasi competenza. Ma lo è perché rivela anche come le leggi del nostro ordinamento siano somiglianti a quelle di una Repubblica delle banane, dove chi è al potere può tutto senza doverne subire le conseguenze, in totale deresponsabilizzazione.
Il Fatto ci dice nel 2009 la banca deve dimostrare, all’ispezione attesa per il 7 dicembre, di aver portato la raccolta dei clienti al limite del 58% in provincia di Siena, contro il 70% fin lì detenuto, in ossequio alle prescrizioni dell’Antitrust seguite all’affare combinato col Santander. Essendo in difetto, si organizza con l’aiuto della Fondazione, conti correnti e travasi si soldi che vanno da Siena a Roma per tornare dopo l’ispezione. Lo scoprono i magistrati, perché all’epoca stanno quindi già intercettando le telefonate degli uomini ai vertici di MPS, che proseguono ignari a mestare nella poltiglia affaristica che hanno creato. La Magistratura avrebbe chiesto “ragguagli alla stessa Banca d’Italia, specificando che quei movimenti erano sicuramente da mettere in relazione con la necessità di MPS di adempiere entro il termine del 30 novembre 2009 (poi prorogato al 31 maggio successivo) all’obbligo di ridurre la quota di mercato dei depositi detenuta nella provincia di Siena. La Banca d’Italia risponde che tutto sembra regolare, ma facendo riferimento solo ai movimenti dei soldi da una città all’altra, di per sé normali. A quanto pare i magistrati non avrebbero informato gli ispettori di palazzo Koch e l’Antitrust delle intercettazioni agli atti, che, all’apparenza, darebbero alle stesse operazioni la luce particolare dell’ostacolo doloso alla vigilanza”.
Ma se Banca d’Italia, Consob e Antitrust si possono prendere in giro in questa maniera, vuol dire che leggi e regolamenti sono estremamente vacui e lassisti, più adatti a un corpo dirigenziale che li deve plasmare come plastilina alle proprie necessità di potere, deresponsabilizzando il malcapitato di turno che deve firmare e validare le ispezioni fasulle che vengono ordinate da Palazzo Koch. E come poi interpretare la decisione della Magistratura di non avvertire la Banca d’Italia che le operazioni messe in atto, come riferisce il Fatto, da Attilio Di Cunto, Marco Parlangeli, Lorenzo Biscardi? Oltre alla segretezza di indagini ancora in corso, non si potrebbe avvertire il timore che da Roma a Siena ci potesse essere un travaso di notizie per mettere in guardia i vertici di Rocca Salimbeni? Un ultimo aspetto inquietante è la coscienza che la Deputazione potesse o meno avere riguardo alla conoscenza di certe operazioni che venivano compiute. Non tanto per le operazioni in sé, quanto per il fatto che dalle intercettazioni risulterebbe che l’ente controllato dalla Fondazione ordinava e Palazzo Sansedoni controllante eseguiva gli ordini. Un inversione di ruoli in linea con il comportamento che, fin dall’acquisizione di Antonveneta, la Deputazione ha sempre mantenuto nei confronti di Mussari e della banca. E che ne sancisce l’inadeguatezza: quando se ne andranno via dalle poltrone in Via Banchi di Sotto, sarà sempre troppo tardi.

venerdì 17 maggio 2013

INONDAZIONE? FIUME KILLER? NO GRAZIE NON CI CREDO!

Nuove inondazioni in Veneto - segnatamente a Verona. Come già abbiamo avuto a scrivere in proposito di vecchia alluvione che disastrò i capannoni industriali nella valle del Tanaro in Piemonte e di quella esondazione a sinalunga, provincia di Siena, ricordiamo che la bramosia di guadagno ha portato a rendere edificabili aree che non potevano esserlo, a costruire senza accorgimenti, a dare stipendi esagerati ai politici nominati nelle agenzie di controllo invece che investirli nella prevenzione e nel rinforzo degli argini.

Oggi non possiamo che linkare quanto scriveva nel novembre 2012 un sito veronese:

http://www.veronareattiva.org/sito/notizia/103/altro-che-fiume-killer-stop-al-consumo-di-suolo-ce-lo-chiede-l-europa.html

e proprio a Verona morte e distruzione nemmeno sei mesi dopo

fermare il consumo del suolo
stop al consumo del suolo

GRILLISMO E POTERE

Probabilmente neanche Grillo pensava di arrivare così rapidamente a un successo elettorale di dimensioni gigantesche. E giustamente non ha preteso in prima battuta di arrivare a posizioni di governo, nelle quali i suoi eletti (più o meno democraticamente scelti dalla sua base) sarebbero stati sopraffatti per inesperienza dal resto della compagine governativa. Poi c'era anche da sistemare la pratica Bersani.

Gargamella o meno, se vuoi essere credibile ai tuoi elettori dopo aver dichiarato che non avresti fatto governo con un morto che parla e cammina, la scelta era giusta: farlo dimettere. E' probabile che nel Pd si sia arrivati poco lontano da fare avere l'incarico di governo a uno gradito al M5S. Le cose sono andate diversamente, è nato il governo Letta.

La componente affaristica del PD, ovvero l'elenco dei nomi della politica romana che possono affermare di avere in tasca le tessere del partito con tutti i cambiamenti di nome dal PCI a oggi, sta tentando di autoperpetuarsi pur in compromesso con il Berluskazz. Il mosaico è composto da tanti incarichi, posti di potere, banche e Cassa Depositi e Prestiti, regioni, province, comuni, circoscrizioni.

A Siena, nel momento in cui l'ente Provincia sit rova costretto a dimezzare gli emolumenti, una consulenza per un ufficio stampa esterno che casualmente è anche l'ufficio stampa del partito a livello locale, però non è andata disdetta. Sarebbe stato un risparmio notevole di risorse inutili sprecate, visto che personale la Provincia per ottemperare al compito ce l'ha, ma non usciamo dal tema oltre.

Grillo guardi alla storia. Per avere voluto prendere tutto, come sembra voglia oggi, rischia di non prendere nulla e di permettere all'avversario di sopravvivere con tutti i suoi sistemi e mezzucci. Il governo Letta avrà probabilmente vita breve, per l'incapacità di fare qualcosa di organicamente costruttivo e di demolire i monopoli che stringono l'Italia in una morsa e perchè per salvare il berluskazz ci sono cose che nessun democratico è disposto a fare.

berlusconi, presentandosi come la stabilità e la convenienza da basso prezzo, con i suoi sondaggi sarà pronto a guidare il paese per altri 5 anni. Sappiamo a cosa ci ha esposto la scelta di far cadere il governo Prodi nel 2008 dei vari politici di sinistra. Duri e puri, Grillo, ma al momento giusto, sfruttando questo tempo concesso per prepararsi a governare, bisogna scegliere di non tornare al voto.

Pensare di andare allo scontro finale con uno che si fa le ricostruzioni delle cause perse alla Ruby nelle sue televisioni private con un nuovo voto è semplicemente autodistruzione. La storia dei vari Occhetto, Ferrero e simili dovrebbe essere molto istruttiva. Il berluskazz, di fronte alla chiusura dell'esperienza Letta Enrico, spingerà per votare e la grancassa mediatica sta con lui. Perfino chi ha un atteggiamento neutrale presenta le notizie in modo ovattato e consapevolmente errato e confondibile.

Se cade Letta il pallino va nelle mani di Napolitano. Che prima di sciogliere le camere, sul nome dal M5S indicato nello schieramento del PD, sarebbe costretto a dare un incarico, con sommo scorno dei vari D'Alema, Amato, Quagliariello, Berluskazz. Un governo che facesse quei pochi cambiamenti condivisibili veri sarebbe fatale al berluskazz, già.

Un governo che invece di levare 120 euro di Imu sulla prima casa (che col 78% di italiani padroni di casa significa che finalmente abbiamo una tassa che tutti pagano) levi l'illiberale balzello del Canone RAI: sono gli stessi soldi, per le tasche dei cittadini, no? E distruggere l'illiberale castello della legge Gasparri, così chi è più bravo incasserà più pubblicità.

Un governo che escluda dalla tassazione dell'imponibile una quota sul fatturato di giacenze di magazzino (es. con 1 mln di fatturato si potrebbe avere, non tassato, un 10-15% di magazzino: solo ricostituire le scorte metterebbe in moto l'economia senza costare nulla.

Ci sono tante cose che si possono fare, come ricontrattare il prezzo del gas coi Russi: è facile, lo paghiamo più caro degli altri paesi europei indipendentemente se sia vero che il berluskazz ci fa la cresta come ha detto un tizio che sembrava saperla lunga a Report.

MA SENTI STO PORCELLUM CHE SAREBBE ANTICOSTITUZIONALE!

La Corte Costituzionale ha mandato alla Consulta il Porcellum accogliendo i rilievi di un avvocato che ne contesta la legittimità

http://www.corriere.it/politica/13_maggio_17/legge-elettorale-cassazione-boccia-premio-maggioranza_4a6bb2ee-bee7-11e2-be2c-cd1fc1fbfe0c.shtml

Nessun stupore: una delle caratteristiche del regime publicitario in vigore da 20 anni in Italia è proprio quella di fare leggi infischiandosene del diritto e della Carta Costituzionale e della volontà dei cittadini.

Perchè? Intanto la legge va immediatamente in vigore e consente l'esercizio del potere in maniera prevaricatrice ed truffaldina. Specialmente se si prepara l'opinione pubblica con allarmismi del tipo "Siamo in emergenza" o cose del genere. Poi se dopo qualche anno viene abrogata chi se ne frega, nessuno ne risponde e i benefici immediati per gli esponenti del regime pubblicitario sono già stati goduti.

Sul Porcellum, in particolare gli strali della Corte Costituzionale riguardano "l'alterazione degli equilibri costituzionali" proprio quelle cose che impediscono di governare a chi vince se non prende la maggioranza in Senato in Lombardia, Campania, Sicilia.

Poi, scrive la Corte, forse ispirata dalle recenti vicende politiche, sul premio di maggioranza: «Si tratta - si legge nella sentenza - di un meccanismo premiale che, da un lato, incentivando (mediante una complessa modulazione delle soglie di accesso alle due Camere) il raggiungimento di accordi tra le liste al fine di accedere al premio, contraddice l'esigenza di assicurare la governabilità, stante la possibilità che, anche immediatamente dopo le elezioni, la coalizione beneficiaria del premio si sciolga o i partiti che ne facevano parte ne escano (con l'ulteriore conseguenza che l'attribuzione del premio, se era servita a favorire la formazione di un governo all'inizio della legislatura, potrebbe invece ostacolarla con riferimento ai governi successivi basati un coalizioni diverse).

Davvero che si poteva verificare questo caso? Cosa ha fatto Sel per la formazione del governo Letta? Lo hanno capito anche alla Corte Costituzionale!

Estremamente versiva la considerazione finale: esso provoca una alterazione degli equilibri istituzionali, tenuto conto che la maggioranza beneficiaria del premio è in grado di eleggere gli organi di garanzia che, tra l'altro, restano in carica per un tempo più lungo della legislatura (ovvero tengono sotto controllo il prima e il dopo, ndr)». Da qui la sua manifesta «irragionevolezza» in base all'art. 3 della Costituzione nonché la lesione «dei principi di uguaglianza del voto e di rappresentanza democratica».

Un golpe mascherato da legge dalle belle intenzioni. Ci avreste mai creduto se non fosse una sentenza della Corte Costituzionale?

Cominciate a comprendere cosa vuol dire Regime Pubblicitario?

giovedì 16 maggio 2013

FONDAZIONE MPS - COME CONSERVARE IL POTERE

La versione 2.0 del celebre proverbio “Chi rompe, paga Siena e i cocci sono suoi” sta andando in scena nella città del Palio. Tutto grazie alla nuova versione impalpabile dello statuto della Fondazione MPS che trasferirà con modalità che non vengono spiegate, in nome di chissà quale trasparenza, dal sindaco che verrà a nuovi soggetti la nomina di gran parte della Deputazione. Per poi vedere prendere corpo a settembre la la parabola di un presidente che, come Giuseppe Mussari, col curriculum di dissestatore bancario avrà un incarico importante prima di essere fatto a pezzi dalle indagini giudiziarie. Dopo avergli lasciato il tempo di finire l’opera. Che democrazia è questa nella quale non possiamo imparare dai nostri errori, anzi dobbiamo aspettare le scadenze per rimediarvi? Il tutto col la foglia di fico che la modifica dello statuto è richiesta dal Ministero dell’Economia e dall’ Acri del superpolitico Giuseppe Guzzetti. Bellamente ignorate per 17 anni e ora scusa per imporre alla città un cambiamento che non cambierà nulla.
A questo punto non è più importante sapere chi vincerà le prossime elezioni. Il nuovo sindaco sarà una parte ininfluente del nuovo potere in Palazzo Sansedoni. Il pannello di controllo del potere economico del Pd, quello che ha barattato la conferma di Franco Bassanini alla presidenza di Cassa Depositi e Prestiti per consegnare il paese alla famiglia Letta e alla gestione bipartisan, ha vinto e sta completando l’opera di “punire” i senesi che non hanno amministrato bene la banca. La nomina del nuovo presidente della Cdp del 17 aprile era di competenza, guarda caso, del Ministero dell’Economia e delle Fondazioni bancarie. I grillini, nel racconto di Massimo Mucchetti, hanno tentato di far saltare il banco inutilmente. Però subito dopo è saltata la candidatura civetta di Marini, un improponibile vecchietto ottantenne con problemi di sordità che sarebbe ingeneroso ricordare se non lo avessero esposto al ridicolo candidandolo.   
Adesso la fondazione annuncia di aver consultato in gran segreto alcuni soggetti economici e istituzionali locali, dove peraltro il dominio del partito è pressoché assoluto. Si vocifera di due soggetti esterni e indipendenti (forse la Fondazione Astrid?) ma sono segreti anche i loro nomi. Quindi anche vincesse le elezioni Valentini, candidato PD, la presa sulla Fondazione non sarebbe nelle mani dell’eletto che diventerebbe solo una tessera del mosaico e nonostante le sue velleità di rinnovamento del partito, dovrebbe adeguarsi alla linea del pannello di controllo romano. Le consultazioni non sono state pubblicizzate, gli esiti nemmeno, ai cittadini viene soltanto comunicato che a cose fatte, cioè quando il Ministero dell’Economia nella figura del ministro Saccomanni avrà firmato il benestare al nuovo Statuto, sapranno nelle mani di chi sarà finita la Fondazione, quello strumento principe che aveva affermato la senesità nelle parole vane di troppi politici locali, che di lasciare le scene proprio non vogliono saperne.
Ma secondo l’articolo 7 dello Statuto abiurato da Mancini & C. il 5 maggio scorso doveva essere spedita la richiesta agli enti nominanti di provvedere alle nomine della nuova Deputazione che entrerà in carica il prossimo mese di agosto. Saranno state spedite o si dovrà aspettare che la Magistratura apra una serie di verifiche, come quelle che la prossima Deputazione dovrà aprire sul rispetto della capacità statutaria di Palazzo Sansedoni di fare debiti e l’oculata gestione delle risorse? La Fondazione non ha specificato nulla nel comunicato stampa sull’argomento, che non ha un ruolo marginale. E poi se il ministro Saccomanni decidesse di non approvare il testo? Ci ritroveremmo in una situazione paradossale di una Deputazione scaduta che non oltre a dissipare un patrimonio di 11 miliardi non riesce nemmeno a organizzare la sua successione alla carica.

lunedì 13 maggio 2013

IUS SOLI, OVVERO COME MENARE IL CAN PER L'AIA ANCHE OGGI

Qualcuno crede che lo Ius soli avrebbe aiutato il ghanese Mada Kabobo ad evitare il momento di follia che lo ha portato a commettere una strage col piccone a Milano?

La storia è lastricata di belle intenzioni sbagliate esternate nel momento sbagliato.

Il ministro Cecile Kyenge non si è sottratta alla storia delle intenzioni sbagliate.

Pensi ad altro, in questo momento, a come evitare momenti di follia veramente tragici: oggi è toccato a un cittadino extracomunitario, ma le ragioni di difficoltà sociale, economica e culturale sono le stesse che potrebbero alimentare la follia di chiunque, nero o bianco, italiano o straniero, uomo o donna.

Si sappia dare le priorità giuste alla storia.

ANCHE ENRICO LETTA RACCONTA BENE LE BARZELLETTE!

 Letta alla stampa:

«Fare spogliatoio. Ognuno paga per sé»

Poi lunedì si torna a Roma.

Chi controlla i rimborsi spese?

Fatemi sapere.

La disinformazione del regime pubblicitario è sempre attiva.

martedì 7 maggio 2013

GIUSTIZIA: INCEPPARE LA MACCHINA DEL TRIBUNALE SENESE OGGI PER NON FARE I PROCESSI DOMANI

Il rischio che l’inchiesta Antonveneta si impantani e finisca in una bolla di sapone per volontà politica è più forte che mai. Dietro la facciata delle dichiarazioni di rito e delle schermaglie dei partiti esiste in Italia una volontà bipartisan di non arrivare mai al compimento della ricostruzione dei fatti, delle responsabilità e delle pene, e questo vale per tutti i grandi processi in cui è implicata la politica: in questo caso basta non fare nulla. Il capro espiatorio c’è, verrà processato quanto prima. Ma già il primo sassolino nell’ingranaggio della macchina giudiziaria è stato gettato: il giudice Francesco Bagnai a settembre andrà via da Siena. Non si sa se sarà sostituito, ma chi ne prenderà il posto dovrà avere il tempo di studiarsi le carte da capo: se non avesse tentato la fuga a Londra oggi anche Baldassarri sarebbe a casa sua, peccato che non abbia confidato nella legislazione giudiziaria italiana! I grandi inquisiti Mussari e Vigni non vanno dentro perché collaborano con la giustizia, ma quello che dicono rimarrà segreto e, dopo la probabile prescrizione, secretato, inconoscibile e inutilizzabile.
 Che la Procura di Siena, per la sua storia e la quantità del suo organico, non fosse adeguata a sostenere un terremoto politico-finanziario del valore di oltre 30 miliardi complessivi era ovvio fin da principio. Ingroia, specializzato in mafie e criminalità organizzata, ha buone ragioni per non voler andare ad Aosta, procura che nello specifico non ha mai avuto una storia di mafia da offrire. Eppure l’ex ministro “tecnico” Severino non ha ritenuto necessario rinforzare l’organico del Tribunale di Siena, almeno come hanno fatto i locali magistrati per le indagini, che hanno chiesto l’aiuto della Guardia di finanza di Roma, più numerosa e specializzata in reati finanziari di primo livello, affiancando la caserma di Via Curtatone. Così arriviamo alla querelle odierna, in cui un Gip, Ugo Bellini, si lascia così descrivere dal presidente del Tribunale Benini: “è ai limiti della sostenibilità e non v'è giorno in cui il collega chieda di essere sollevato da quelle funzioni. La demotivazione e il timore di non essere all'altezza del compito, quantitativamente e qualitativamente, sono evidenti". Timore di non essere all’altezza del compito che però non gli impedisce, criticatissimo, di respingere il decreto di sequestro preventivo per Nomura e per gli ex vertici del Monte.
Un ostacolo che rischia di compromettere l’intera impalcatura dell’indagine nel complesso filone dei derivati: non si tratta solo di due miliardi scarsi di euro che pure sarebbero linfa vitale per il Monte dei Paschi. Ma si va, con questo sequestro, ad intaccare la facoltà delle grandi strutture finanziarie mondiali di fare e disfare a piacere non ritenendosi sottoposta alle leggi degli stati nazionali, e di combinare affari illeciti fra sodali. Una questione complessa, ma è chiaro a tutti come navighino queste entità tra le pieghe delle legislazioni dei singoli paesi alla ricerca del profitto a tutti i costi. Immaginiamo a Roma le fortissime pressioni della lobby affaristica, se il Tribunale del Riesame dovesse ribaltare il giudizio di Bellini: la questione arriverebbe certo in Cassazione e si dovrebbe attendere una risposta che fatalmente arriverebbe alla fine di luglio. E così, grazie ai tempi tecnici dei tribunali,  se ne riparlerà dopo metà settembre. E sono troppi i politici romani legati a doppio filo alle varie banche d’affari internazionali per evitare l’accumulo di sassolini nella macchina della giustizia senese, gente da Bocconi, Morgan Stanley, Goldman Sachs e via dicendo. Quello che si può nascondere dietro all’investigazione di una piccola procura di provincia potrebbe causare conseguenze da fare tremare il mondo della finanza.

domenica 5 maggio 2013

ANTICORRUZIONE: IL PAESE DELLE BANANE (DI DESTRA E DI SINISTRA)

Tutta la stampa e l'opinione pubblica è presa nella considerazione dei massimi sistemi, nella forza stritolante dlle armi di DISTRAZIONE DI MASSA,

la costituente, ovvero la replica della enorme presa per i fiondelli che fu la bicamerale.

Avevamo avvertito che l'ennesima leggina ad personam, stavolta arrivata per mano del ministro dell'Ingiustizia Severino Paola

http://lexdc.blogspot.it/2012/10/lavvocato-severino-pensa-bene-al-suo.html

avrebbe creato un altro vulnus alla coesistenza degli italiani, contribuendo a distruggere il tessuto interconnettivo del senso della Patria (stiamo insieme per valori condivisi ma le leggine che creano italiani di serie A e di serie B ci dividono fino all'estremo).

L'ultima versione della legge anticorruzione targata Severino - che tutti dissero aver incassato nell'occasione la candidatura sicura alla successione di Napolitano, e non è detto che non ci riesca alla fine - vuole dimostrare che,

se il Princeps, il potente, il berluskazz di turno telefona al poliziotto che una ragazza marocchina deve uscire dalle mani della giustizia perchè "è nipote di Mubarak" (che è egiziano e non marocchino; e un presidente del coniglio, pardon consiglio non ha il potere di far uscire nessuno in ogni caso) il funzionario pubblico può scegliere solo se ubbidire o non ubbidire ma in entrambi i casi passerà un guaio lui. 

LO DICE UNA RELAZIONE DELLA CASSAZIONE, MICA QUESTO BLOG!

IL FATTO QUOTIDIANO: “Già a una rapidissima lettura risulta evidente come, nel confronto delle disposizioni precedente ed attuali, non si è proceduto a una scissione pura e semplice; nell’attuale concussione è “scomparso” il riferimento, quale possibile soggetto attivo del reato, all’incaricato di pubblico servizio (per esempio Berlusconi, ndr); nella nuova ipotesi di induzione è “apparsa” la punibilità di quella che, fino al 28 novembre 2012, era soltanto la parte offesa del delitto (i poliziotti, ndr)”. Quindi è ben chiaro che se i protagonisti della storia hanno cambiato ruolo è la stessa storia che risulta modificata. E lo sarà probabilmente anche il finale. Perché i giudici devono interpretare leggi ed eventuali cambiamenti. In questo modo “le evidenti differenze delle norme incriminatici, in assenza di disposizioni transitorie, rimbalzano sull’interprete e sulla giurisprudenza” che avrà ” il compito di stabilire se le modifiche normative hanno modificato l’area del penalmente rilevante“. Questo il cuore del documento redatto dall’ex pm anticamorra Raffaele Cantone, che non cita altro che processi arrivati nella sede di piazza Cavour. Insomma questa disparità va valutata e giudicata con il rischio che non ci sia rilievo penale da contestare.
Scatta la punibilità per il concusso: chi prima era vitima ora è complice. Le conclusioni generali, arrivate dopo l’analisi di numerose sentenze, fanno intuire una prognosi infausta per il processo Ruby, che non viene mai citato. “Bisogna (…) prendere atto che il criterio adottato in passato per distinguere induzione e costrizione, fondato sul minore grado di coartazione morale, ha dato luogo a difficoltà interpretative e ha finito per ampliare la portata applicativa della precedente disposizione codicistica. Quel criterio oggi può essere rivisto alla luce del fatto nuovo introdotto dalla norma dell’art. 319 – quater e cioè la punibilità dell’indotto. E’ necessario, quindi, individuare una ragione ulteriore per spiegare perché colui che fino al 28 novembre era solo vittima oggi comunque diventa compartecipe del reato, sia pure con una pena ben diversa e minore di quella prevista per colui che induce ma anche per il corruttore”, si legge nella relazione. Il logico porta quindi a stabilire che chi subisce, a meno che non sia minacciato in maniera esplicita, possa rifiutare: “Tale ragione può essere reperita nella possibilità che egli ha di opporsi alla pretesa illegittima e tale possibilità va individuata nella conservazione di un margine di autodeterminazione, che esiste sia quando la pressione del pubblico agente è più blanda sia quando egli ha un interesse a soddisfare la pretesa del pubblico funzionario, perché ne consegue per lui un indebito beneficio”. I poliziotti che ricevettero la telefonata da Parigi delll’allora premier Berlusconi avevano quindi la possibilità di opporsi e certamente non hanno conseguito un beneficio nell’aver assecondato la richiesta del Cavaliere. E’ come se gli avessero fatto un favore che è cosa ben diversa da un reato. Ragionamento che sembrerebbe, quindi, far evaporare nel penalmente irrilevante l’ipotesi di concussione per Berlusconi.
Inoltre mentre le pene per la concussione per costrizione sono state inasprite le pene per l’induzione sono diminuite, anche la “la novità più rilevante di quest’ultima norma è, però, contenuta nel suo capoverso, laddove prevede che “nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità, è punito con la reclusione fino a tre anni”. I reati contestati a Berlusconi sono stati, naturalmente, commessi prima della sola ideazione della legge e il principio di irretroattività vieta l’applicazione di una norma penale a reati commessi prima della sua entrata in vigore, ma questo principio trova applicazione solo per quanto riguarda le norme penali in malam partem, cioè sfavorevoli all’imputato: se la legge penale varia in modo favorevole (e questo è un caso visto la riduzione della pena rispetto al passato, ndr), essa si applica anche in via retroattiva in ossequio al più ampio principio del favor rei. Come è accaduto due mesi fa quando la legge ha “salvato” le coop rosse nel procedimento sul “Sistema Sesto con la prescrizione.

venerdì 3 maggio 2013

BANCA E PD: L'INTRECCIO DEI FINANZIATORI

A Siena molti si domandavano come avrebbe fatto il Pd locale ad andare avanti senza le generose elargizioni di Giuseppe Mussari. L’ex presidente del Monte dei Paschi e dell’Abi, secondo i dati ufficiali della Camera dei Deputati, dal 27 febbraio del 2002, data del suo primo assegno al partito, fino al 6 febbraio dello scorso anno, aveva versato a titolo personale nelle casse del movimento ben 683.500 euro. Tanto da far vergognare il candidato-sindaco Bruno Valentini, come da dichiarazione dello scorso 17 aprile. Mentre sulla stampa nazionale compaiono gli elenchi dei finanziatori dei partiti italiani, si scopre che dietro il binomio banca-partito continua ad arrivare al numero 34 di Via Rosi un fiume di denaro. Frutto del solito intreccio che non vuol mollare la presa. Tra novembre 2012 e aprile 2013 infatti il Partito Democratico cittadino ha ricevuto 157.589,38 euro di contributi elettorali. In cui la politica è rappresentata dalla parlamentare Susanna Cenni (22mila euro) e dall’ex deputato ora presidente della società per la nettezza urbana Sienambiente, Fabrizio Vigni (7mila euro).
Poi vengono solo figure legate a doppio filo con la banca e le società locali. In testa alla lista del periodo c’è Alessandro Piazzi con 24mila euro versati. Protagonista della vita cittadina di basso profilo, ma non figura secondaria in città: Piazzi è l’amministratore delegato di Estra, la multiutility locale dell’energia e delle telecomunicazioni, oltre che membro della Deputazione amministratrice della Fondazione MPS (di cui periodicamente viene indicato come successore di Gabriello Mancini, che a sua volta partecipa al finanziamento con 5.000,00 euro) ancora oggi primo azionista della banca, consigliere di amministrazione di Sansedoni Spa, membro del comitato esecutivo di Confservizi Cispel Toscana, oltre ad aver girato negli ultimi 18 anni gran parte dei CdA della galassia Monte (Ticino vita, Consum.it, Banca Toscana, Monte Paschi Banque)e dell’Università.  
La lista dei finanziatori locali del Pd prosegue, ed è composta da nomi, anche storici per il partito, che occupano o hanno occupato posizioni di rilievo nell’istituto di credito senese. Ad esempio con 8.000,00 c’è Francesco Saverio Carpinelli, già ai vertici di Mps Capital Services, con 8mila euro e dagli attuali vice presidenti della stessa banca per le imprese: Fabio Ceccherini (10mila euro) e Paolo Capelli (5mila euro). Il presidente di Mps Leasing & Factoring ed ex consigliere del gruppo nonché esponente sindacale di primo piano Fabio Borghi ha versato al Pd 6mila euro, mentre 8mila euro sono arrivati da Graziano Costantini, che porta lo stesso nome dell’imprenditore già amministratore di Mps, mentre di altri deputati della Fondazione Paolo Mazzini ha versato 5.000,00 euro e Paolo Fabbrini, componente anche del board di Siena Biotech, 7.000,00. La storica presidente del collegio sindacale di Palazzo Sansedoni, Luciana Granai, ha sborsato  11.000,00 euro. Il presidente della società comunale Siena Parcheggi, Roberto Paolini, è più munifico: 14.789,00 euro. Ha avuto molto dalla banca, il ragioniere: nel suo curriculum si legge della partecipazione al Collegio dei Revisori della Fondazione, di Sansedoni e di Siena Biotech spa e al collegio sindacale di Axa Montepaschi Vita. Al contrario il vicepresidente di Rocca Salimbeni nonché sindaco revisore nel vecchio CdA, Marco Turchi, non è molto generoso: soltanto 5mila euro.
La signora Linda Lanzillotta, che sembra estranea ai giochi della politica senese in quanto eletta in Umbria con Scelta Civica, ha avuto tra i suoi sostenitori Ducci Astaldi. Il presidente del consiglio di gestione della società italiana per Condotte d’acqua ha finanziato con 10.000,00 euro la campagna della signora Lanzillotta. Che è la moglie del presidente del consiglio di sorveglianza della sua stessa azienda, Franco Bassanini, già deputato eletto proprio a Siena. Quel Bassanini che è stato riconfermato in extremis alla presidenza della Cassa Depositi e Prestiti che pare in pole position per intervenire nel Monte dei Paschi uando risulterà evidente e incontrovertibile l’impossibilità di restituire i Monti bond. Ricordare che Bassanini, insieme a Giuliano Amato e Luigi Berlinguer (soci fondatori di Astrid), è considerato il padrino politico più importante dell’ex presidente del Monte, Giuseppe Mussari, è come chiudere il cerchio.