L'importante è che la morte ci colga vivi (Marcello Marchesi)

"L'importante è che la morte ci colga vivi" (Marcello Marchesi)

venerdì 31 maggio 2013

BANCA D'ITALIA-MPS: SAPERE E TACERE NON PORTANO MAI DA NESSUNA PARTE

Questa mattina la Banca d’Italia ha pubblicato un documento in cui si ripercorrono le tappe della storia della banca Monte dei Paschi di Siena dal 2008 (acquisto di Antonveneta dal gruppo spagnolo Santander) ad oggi. Palazzo Koch rivendica che “l’azione di vigilanza negli ultimi anni è stata continua e di intensità crescente”. Visti i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, si deve desumere due cose: che gli interventi sono comunque stati tardivi e che la legislazione in materia è alquanto carente, se davvero in Banca d’Italia tutti possono affermare di aver svolto tempestivamente e correttamente il proprio ruolo. Segue alla dichiarazione di principio salvifica una ricostruzione cronologica degli avvenimenti. Dapprima si conferma che l’impegno per l’istituto di credito senese è di 18,5 miliardi (9 di acquisto + 9,5 di restituzione ad Amro di linee di credito concesse ad Antonveneta) e che Mussari e Vigni abbiano ottemperato alle prescrizioni richieste. Ma non è così, scrive Palazzo Koch e a maggio 2008 si avvia “un’approfondita analisi dello schema contrattuale dell’operazione FRESH”. Ciò presuppone che il perfezionamento dell’acquisto, essendo subordinato agli esiti della verifica, si debba intendere sospeso. Invece il 30 maggio MPS dichiara di aver chiuso con Santander l’esecuzione del contratto. Mentre l’analisi arriva a fine ottobre, quando i suoi effetti sarebbero già completamente nulli: chi riporterebbe indietro i soldi volati a Londra e in Spagna? E’ ovvio che Banca d’Italia, anche in assenza delle carte che verranno scoperte più recentemente, può solo dire di si, anzi salomonicamente “ne prende atto” che non vuol dire si ma è solo un timido tentativo di sgravio di responsabilità.    
Dalla seconda metà del 2009 per la Vigilanza è chiaro che i problemi di liquidità del Monte sono enormi e in crescita continua e convoca ripetutamente i vertici della Rocca all’inizio del 2010. “La situazione della banca viene giudicata di scarsa chiarezza e potenzialmente critica” ma evidentemente non ci sono i poteri per allontanare gli scadenti amministratori e nemmeno per comunicarlo ai soci della banca, dediti a santificare il buon governo con la Fondazione a distribuire a pioggia (clientelismo localistico?) gli utili prodotti dal depauperamento del capitale sociale. Quando saranno accessibili le carte, si chiariranno eventuali connivenze e omissioni della Deputazione o la sua totale ignoranza della situazione, benché i campanelli d’allarme in città e nella continua perdita di valore del titolo in Borsa suggerivano. Ma Banca d’Italia è lenta: solo nell’agosto capisce l’origine dei problemi: “l’irrigidimento degli investimenti in titoli pubblici, il cui valore risulta assai cospicuo (circa 25 mld). In particolare la condizione di liquidità, caratterizzata da elevata volatilità dei saldi, risente soprattutto di due operazioni di repo strutturati su titoli di Stato effettuate rispettivamente con Deutsche Bank e Nomura per un valore nominale complessivo di circa 5 miliardi di euro, con profili di rischio non adeguatamente controllati e valutati dalla struttura di MPS né compiutamente riferiti all’Organo Amministrativo”. Si riporta il passaggio preciso del documento, perché sembra di capire che nell’agosto 2010 la banca d’Italia abbia scoperto al reale portata di Alexandria e Santorini e non quando sono stati ritrovate, due anni dopo, le carte nella cassaforte “dimenticata” di Vigni.
In effetti Palazzo Koch si prende un anno di tempo per verificare meglio Santorini: “Fermo restando che la Banca d’Italia non ha poteri in materia di valutazioni di bilancio, in considerazione della complessità dell’operazione e dei possibili spazi interpretativi concessi dalle regole contabili IAS, la Banca d’Italia decide nel novembre del 2011 di sottoporre la questione a specifici approfondimenti contabili in collaborazione con le altre Autorità di settore anche al fine di predisporre una nota di chiarimenti all’intero sistema bancario”. Solo però averne parlato nel 2010 poteva servire a cambiare e salvare il salvabile, invece di dare opportunità al vertice della Rocca di continuare nell’opera di imboscamento e di ideazione di spericolate manovre (come l’aumento di capitale del luglio 2011 che la stessa Banca d’Italia ha approvato!) per tentare di nascondere la situazione a tutti. Quell’aumento di capitale che ha condannato a morte la Fondazione.
E’ proprio la Vigilanza a chiedere l’aumento di capitale “che sia elevato per tenere conto dell’esposizione al rischio sovrano e dell’esigenza di rafforzare la tenuta della banca in occasione degli esercizi di stress test da condurre a livello europeo” e che stima in 3,2 miliardi di euro, di cui due materialmente versati dai soci. Che erano o no al corrente di quanto faceva e disfaceva la Direzione Generale? “MPS dichiara che i repo strutturati in titoli di Stato trovano ratio economica nel sostegno alle strategie di carry trade e nell’intenzione di assumere profili di rischio-rendimento mitigati nell’ambito della complessiva posizione della banca. Per tali ragioni e in considerazione del rispetto dei limiti operativi in essere, le stesse non erano state sottoposte all’organo amministrativo, ma approvate in sede di Comitato Finanza e dal Direttore Generale”: dopo questa dichiarazione fatta alla Vigilanza, che significa semplicemente che operazioni della grandezza finanziaria superiore alla capitalizzazione della banca stessa possono essere sottratte alla conoscenza, verifica e approvazione degli Amministratori, per la Banca d’Italia è normale che i soci tirino fuori i soldi della ricapitalizzazione senza essere veramente a conoscenza del perché: è solo carenza di legislazione, questa?
A settembre 2011 la posizione della banca e del DG Antonio Vigni è sempre più indifendibile anche per gli organi di controllo. Cause sono il peggioramento delle condizioni di mercato e l’aggravio dei costi generati dal sempre più massiccio acquisto di titoli di Stato italiani. I Tremonti bond, la scusa presentata da Mussari per giustificare l’aumento di capitale, non vengono restituiti e, inspiegabilmente, di essi nel documento odierno non se ne fa neanche cenno. La Banca d’Italia oggi viene dipinta così da se stessa come un moloch dai piedi d’argilla che vede il castello della finanza senese crollare dalle fondamenta nel periodo 2008-2012 senza alcuna capacità di intervento sanatorio, strutturale, perfino informativo perché al di là di poche voci, tra cui la nostra orgogliosa, tutto è rigorosamente segreto in barba al fatto che MPS è una società quotata in borsa. Può solo e in gran segreto organizzare “operazioni di prestito titoli: a fronte della costituzione di idonee garanzie, sono prestati titoli altamente liquidi, utilizzati da MPS per finanziarsi sul mercato mediante operazioni di repurchase agreement”. Solo il 15 novembre 2011 viene ufficialmente chiesta al CdA “una rapida, netta discontinuità nella conduzione aziendale”.
Tutto il resto è storia conosciuta, dall’arrivo di Fabrizio Viola e quello successivo di Alessandro Profumo, delle prescrizioni faticosamente soddisfatte per l’Eba, della promozione carrieristica di Giuseppe Mussari. Il cerchio si chiude il 10 ottobre 2012 con il ritrovamento del contratto originario con Nomura data 31 luglio 2009. E Santorini esce fuori, come Nota Italia: ma siamo già nel 2013 e un guardiano che chiude la stalla dopo la fuga dei buoi non serve più a nessuno. Come funziona la Banca d’Italia? Come si possa permettere che il controllo pubblico di un bene fondamentale e di così grande incidenza sulla vita dei cittadini di una Nazione possa essere acriticamente essere messo nelle mani di una associazione privata, che tale è Palazzo Koch, i cui soci sono le stesse banche che dovrebbe controllare, è un mistero della politica contemporanea, che così succede anche in altri stati. Tra i soci c’è naturalmente anche il Monte dei Paschi di Siena …
http://www.bancaditalia.it/media/chiarimenti/Interventi_MPS_maggio_2013.pdf

venerdì 24 maggio 2013

IL FRESH, TRAPPOLA DELLA FINANZA MEDIATICA

Se ne erano accorti, a Piacenza, che dai Fresh del Monte dei Paschi stavano arrivando solo perdite fin da un anno fa. Il Corriere della Sera, nello scorso 31 gennaio, aveva raccontato che la Fondazione Cassa Piacenza e Vigevano aveva acquistato quel titolo ibrido che era tassello fondamentale della strategia di Mussari e Vigni per mettere insieme i soldi necessari all’acquisto di Antonveneta. Il Consiglio Generale della Fondazione subito dopo aveva dato alla stampa un comunicato chiarificatore: “La Fondazione di Piacenza e Vigevano non ha mai acquistato “il titolo Fresh” e quindi, non ha effettuato alcun esborso di denaro, a differenza di quanto riporta il Corriere della Sera del 31.01.2013. Nell’aprile 2008, Prometeia, consulente finanziario di numerose Fondazioni bancarie, consigliò alla Fondazione di Piacenza e Vigevano, l’acquisto futuro (attraverso la stipula di un contratto Swap) del titolo “Fresh”, specificando con parere scritto, che tale investimento aveva un “buon rendimento” e, un basso profilo di rischio, ed era “coerente” con il portafoglio della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Alla luce di tali valutazioni fu sottoscritto il relativo contratto di Swap con J.P. Morgan, in forza delle condizioni che erano state prospettate. Peraltro, nello scorso anno e, quindi ben prima dei fatti giudiziari riportati dalla stampa in queste settimane, la Fondazione di Piacenza e Vigevano, resasi conto che le caratteristiche dello strumento finanziario e, del titolo “Fresh” ad esso collegato, erano differenti da quanto prospettato, comportando rischi superiori a quanto era stato indicato, avviò un’azione giudiziaria civile contro J.P. Morgan e Prometeia, contestando l’operazione stessa. Si ribadisce infine, che tale operazione è stata “sempre ampliamente illustrata in tutti i bilanci d’esercizio».“
Si deve desumere che Prometeia e JP Morgan abbiano avuto buon gioco a piazzare presso fondazioni e investitori privati il 51% del Fresh visto che la Fondazione senese aveva sottoscritto swap (derivati) per il restante 49%. la Fondazione Cariparo (Cassa di risparmio di Padova e Rovigo), uno dei più importanti azionisti di Intesa Sanpaolo (4,2%) ha comprato titoli Fresh per 30 milioni e ora si trova una minusvalenza di 20 nel bilancio approvato ad aprile 2013. “L'investimento - afferma la Cariparo, interpellata dal Corriere della Sera - è stato consigliato alla Fondazione nell'aprile 2008 da Prometeia, a quel tempo consulente della Fondazione sull'asset allocation”. La Fondazione Cassa di Gorizia ha portato in Friuli una tranche da 3 milioni che adesso ne vale uno; il presidente Franco Obizzi la prende con filosofia: “Era un investimento interessante”. Fondazione Cassa di Livorno (7,6 milioni di obbligazioni convertibili), Pistoia (10 milioni) ma anche Fondazione del Monte a Bologna (3 milioni in Fresh). Poi Navale Assicurazioni del gruppo Unipol (10 milioni). Piccole tranche in alcuni fondi di investimento dei gruppi Anima, Nextam Partners, Banca Finnat (New Millenium Sicav) e Banca Arner (Areion Fund). Ci sono rimasti un po’ dentro anche i notai con la loro ricchissima cassa e molte coop, secondo quanto si sente dire, e a Firenze mugugnano perfino i lavoratori  sull’operato di Turiddo Campaini, recentemente sanzionato da Banca d’Italia.
Ma tutti questi investitori ci avevano messo poco in questa operazione. E’ il grosso, quella Fondazione MPS che aveva sottoscritto per 490 milioni di euro, che si dovrebbe muovere. Quali carte hanno firmato Mancini e Parlangeli a Prometeia e JP Morgan? Perché non contestano come la Piacenza e Vigevano la inesistente trasparenza dell’operazione Fresh che in facciata era un aumento di capitale riservato alla banca d’affari americana? Una storia poco chiara, tanto che l’iter alla Banca d’Italia fu lunghissimo e l’autorizzazione arrivò solo a settembre 2008, quando il closing dell’acquisto di Antonveneta si era chiuso il 30 maggio precedente. E se palazzo Koch a posteriori non avesse approvato? Sarebbero tornati indietro i soldi partiti con i famosi bonifici a Santander? Si era certi che sarebbe stato tutto approvato, evidentemente. E’ probabile che la politica possa aver consigliato alla burocrazia romana di non andare troppo per il sottile. Mancini avrebbe oggi l’opportunità, invece di svendere le ultime azioni del Monte che gli restano in portafoglio, di richiedere indietro a JP Morgan il maltolto di 490 milioni come sta facendo la fondazione lombardo-emiliana. Facile, troppo facile: la paura forse è che innescare il meccanismo di contestazione di un  affare che col senno di poi assomiglia più a una truffa potrebbe finire per travolgere definitivamente chi quel contratto l’aveva firmato in nome di Siena.

giovedì 23 maggio 2013

MPS FINANZIA LE FONDAZIONI CHE NE DIRIGONO I PASSI?

“Banca viveva della politica, oggi ne è lontana” (13/12/2012). “Siamo una banca, non dipendiamo dalla politica” (25/01/2013). Sono due delle tante dichiarazioni di Alessandro Profumo per confermare che con la sua nomina politica, realizzante, si dice, la volontà dell’ex sindaco di Siena Ceccuzzi attraverso lo strumento della Fondazione MPS, l’istituto di credito senese avesse imboccato una strada nuova. Ma la strada che ha condotto in Toscana l’ex Ad di Unicredit passa attraverso il fenomeno trasversale politico degli ultimi dieci anni, le fondazioni, che hanno sostituito le correnti nei partiti e non hanno nemmeno il fastidio di dover cercare tessere, e confrontarsi con gli elettori. Oltre alla disinvoltura con cui possono imbarcare trasversalmente esponenti di tutti i partiti. Adesso che con qualche scandalo sono emerse storie di tangenti mascherate, attività di lobbying illegali, come denunciato sui quotidiani e dalla trasmissione Report, dobbiamo prendere coscienza che attraverso questi strumenti, autorizzati da una legge che fa acqua da tutte le parti, si condiziona e si decide il futuro dell’Italia. La fondazione VeDrò fondata da Enrico Letta e Angelino Alfano esprime in questo governo casualmente bipartisan oltre ai due, presidente e vicepresidente del Consiglio, diversi ministri: Maurizio Lupi, Andrea Orlando, Nunzia De Girolamo, Josefa Idem, la canoista ministro, evidentemente, non per meriti sportivi. Oltre alla “simpatizzante” Beatrice Lorenzin, fanno parte del network di VeDrò nomi prestigiosi comei Pier Luigi Sacco, impegnato con Siena Capitale della cultura europea 2019, e l’unico senese del gruppo, l’allenatore della Nazionale di basket Simone Pianigiani.
La banca Monte dei Paschi, alle prese con i tagli paurosi ai posti di lavoro, agli stipendi del personale e alle sponsorizzazioni sportive partecipa nel finanziare questi cosiddetti pensatoi della politica? Profumo, espressione della politica, ne è veramente lontano? Da aprile 2012, da quando è diventato presidente, risulta che Rocca Salimbeni ha acquistato spazi pubblicitari su una rivista mensile con 1000 abbonati praticamente sconosciuta (ma che mette insieme quasi 600.000,00 euro di introiti pubblicitari) che fa capo alla fondazione Italianieuropei di cui è presidente Massimo D’Alema. Certamente meno e spesi meglio i quattrini dati alla Festa provinciale del Pd in Fortezza, almeno in quanto a visibilità! E non è che in città il nome dell’ex segretario nazionale della Fgci nel 1975 sia molto popolare di questi tempi. Se poi Profumo abbia indirizzato a questa “fondazione di cultura politica” altri soldi in donazione, non è dato saperlo, non è spesa da dettagliare nel bilancio della Rocca, in primis. E perché i furbi politici italiani, fatta la legge hanno fatto anche l’inganno: hanno concesso alle loro fondazioni di poter non pubblicare i nomi dei benefattori . Fondazioni come slot machines protette da una attenta privacy «in quanto dai finanziamenti si potrebbe desumere l'orientamento di chi ha elargito il contributo»: così ebbe a scrivere proprio Massimo D'Alema, quando il suo procacciatore Vincenzo Morichini fu coinvolto in un'inchiesta.   
Alessandro Profumo è socio ordinario di Italiadecide, altro think tank in cui siede in ottima compagnia: oltre a singole persone (Giuliano Amato, Gianni Letta, Giulio Tremonti, Franco Bassanini i più rilevanti per la storia senese)possono essere soci imprese come Autostrade per l’Italia Spa (che non si vede mai rifiutato un aumento dei pedaggi dal governo di turno), Enel, Eni, Ferrovie dello Stato, Unicredit, Intesa San Paolo. Partono da Siena donazioni verso questa fondazione? Con queste aderenze amicali si capisce come possa succedere che con una situazione finanziaria simile istituti bancari europei come Dexia o Bankia vengano nazionalizzati, mentre per MPS si inventano “nuovi strumenti finanziari”. Chissà se all’estero stanno studiando l’ultima furbata italiana. Ma lì hanno una piaga sociale che si chiama trasparenza, quella vera. Intrecci complessi e quasi perversi di cui Profumo, se veramente vuole che la politica rimanga fuori dalla banca, deve dare informazione e spiegazione. Tra l’altro Amato e Bassanini sono anche i fondatori di Astrid, un pensatoio da cui proviene il componente del CdA di MPS Tania Groppi e di cui abbiamo già scritto per l’influenza che hanno avuto questi signori nell’imporre alla città la leadership del loro “protetto” Giuseppe Mussari.

mercoledì 22 maggio 2013

CHE PENA PENATI!

I giovani d'oggi mi chiedono perchè il PD non ha mai fatto la legge sul conflitto di interessi e spezzato le catene del malaffare. Adesso che si leggono gli esiti delle vicende giudiziarie di Penati, che gode della prescrizione che fino a ieri spergiurava di non voler usufruire, di domande non ne fanno più.

Ragazzi intelligenti, vero?

La legge è nuova di zecca, varata dal governo Monti e chiamata pomposamente con le solite definizioni del regime pubblicitario "legge anticorruzione", mentre in realtà serve solo a togliere dai processi oggi Penati, domani il berluskazz e i suoi scherani.

Grande protagonista l'avvocato-ministro Paola Severino, che avrà grandi ringraziamenti dai suoi clienti e da quelli dei suoi colleghi, che vincono sempre facile contro lo Stato a cui cambiano continuamente le carte in mano passandogli le scartine.

Gli investitori stranieri staranno ancora più lontani dall'Italia, facile profezia.

domenica 19 maggio 2013

"COLPO DI STATO" A SIENA

Le fortissime critiche piombate addosso alla Fondazione MPS hanno costretto presidente e provveditore a diramare un comunicato, tradendo così il tradizionale silenzio che ne ha ispirato le mosse per tutti questi anni. Silenzio da essi definito “riserbo”, ma che ha lasciato concretamente la città nell’ignoranza dei fatti e nella capacità critica di capire cosa ci veniva nascosto. E il comunicato dimostra fino in fondo la perversa coerenza di Gabriello Mancini, per quanto possa non piacere a molti. All’art 7 paragrafo 2 dello statuto (vecchio, il nuovo si saprà dopo l’approvazione del Ministero dell’Economia) si afferma che i deputati non rispondono agli enti nominanti del loro operato. E della sua autonomia la Deputazione è stata così gelosa da subire di tutto e di più, fino allo sfogo clamoroso di Mancini che diceva all’Hotel degli Ulivi di “aver ubbidito agli ordini”! E l’ubbidienza nonostante l’autonomia e la paura di poter non essere rinnovato l’anno seguente è stata caratteristica di questi amministratori così sagacemente messi dal sindaco Cenni, dal presidente della provincia Ceccherini e via dicendo, che tutti i nominati hanno un nominante che oggi non risponde delle azioni e delle scelte fatte. Altro che responsabilità! La Deputazione fece sapere di aver appreso dell’acquisto di Antonveneta “a cose fatte”: era novembre 2007 e la vendita si realizzò compiutamente il 30 maggio 2008. Contestare nell’interesse della città e bloccare una operazione irrealizzabile per le capacità del Monte dei Paschi era possibile ma nulla fecero. Nel luglio 2011 l’operazione aumento di capitale, nonostante fosse stata negata per mesi al punto di minacciare querele a destra e manca, si fece per non far cadere dalle poltrone Mussari e Vigni, non nell’interesse della città. Anche qui si dice che i consigliori del presidente (le varie banche d’affari Rothschild e Credit Suisse) “misero per iscritto le loro perplessità sull'entità e sulle modalità tecniche dell'operazione”. Queste carte però Mancini le tiene riservate (o nascoste, dipende dai punti di vista) forse, quando arriveranno i nuovi amministratori, rimarranno solo ipotesi giornalistiche passate nel tritacarte. Nell’interesse della città questo secondo aumento non si doveva proprio fare, si doveva mantenere le partecipazioni in Mediobanca, Cassa Depositi e Prestiti e F2i, che soddisfazioni ai loro soci ne hanno date nonostante sia crisi economica per tutti.
Perfino la gestazione del nuovo statuto avviene per l’impossibilità di Mancini di non ubbidire agli ordini, stavolta dell’Acri e di una sentenza della Corte Costituzionale intenzionalmente ignorata per dieci anni. Non hanno pensato in Palazzo Sansedoni all’interesse della città, altrimenti lo avrebbero scritto nel comunicato: rileggetelo e noterete che “l’interesse della città” nel comunicato di venerdì 17 non viene mai nominato. Né alla adeguatezza di questa Deputazione che ha certificato, nell’ultimo bilancio, di aver dilapidato con le proprie scelte infelici (che non si possono mai scaricare ad ordini superiori se nessuno ha la potestà di dare ordini alla Deputazione della Fondazione MPS) un patrimonio plurimiliardario. Riguardo alla presunzione di legittimità, pare che ci sia un fascicolo aperto in Procura: certo da quando si è capito che la querela porta la Magistratura a verificare se il querelante abbia o non commesso quello che gli viene attribuito, l’arma per zittire le critiche si è trasformata in un boomerang. Certamente, andando in scadenza il 5 maggio 2013 (quando Mancini è statutariamente obbligato a far indicare agli enti preposti i nominativi dei nuovi deputati designati), la Fondazione non poteva firmare l’impegno con l’Acri di modificare lo statuto entro il 30 giugno 2013, periodo in cui non aveva più i pieni poteri sul futuro. Mosse strumentali della Deputazione che ne affermano inadeguatezza gestionale e subalternità alla politica che vorrebbero fuori dalla porta. E infatti per rimediare all’ennesimo errore, Mancini ha dovuto chiedere al Ministero dell’Economia “in via eccezionale una disposizione transitoria” che, guarda caso, farebbe slittare l’inefficacia degli atti di questi signori di un mese.
Omertà carbonara. Nel comunicato si afferma che, per la gestazione del nuovo statuto, “incontri si sono poi svolti con i capigruppo della Provincia di Siena, con le categorie economiche presso la Camera di Commercio, con le organizzazioni sindacali, con la Consulta Provinciale del Volontariato, con i sindaci dei Comuni della nostra provincia, con il Magistrato delle Contrade”. Niente nomi di chi abbia partecipato agli incontri, nessuna pubblicità degli incontri stessi, nessun comunicato dei risultati di detti incontri, nessun incontrato che abbia dichiarato nulla in proposito. La Fondazione (la cosa più pubblica di Siena) è stata trattata come una società privata alla ricerca di nuovi amministratori, altro che senesità e interesse della città. In questo senso le critiche che abbiamo rivolto alla Fondazione già da un anno si sono confermate al 100%, e Palazzo Sansedoni ci conforta affermando che il nuovo statuto sarà disponibile alla pubblica lettura dopo l’autorizzazione del ministero dell’Economia, cioè quando non sarà più possibile alcuna contestazione e alcuna modifica. D’altra parte la giustificazione che la bozza sia stata disponibile è una burla grossolana, dato che in essa i passaggi qualificanti e determinanti sono stati omessi. Il fatto che il principale socio della Fondazione non potesse partecipare alla consultazione poi. È una ulteriore dichiarazione che è stato, in termini grillini, proprio “un colpo di stato”. Dal luglio 2012, quando si dice sia iniziato il processo di revisione statutaria, in Fondazione sapevano che il commissariamento del Comune impediva il processo democratico di scelta per mancanza del principale interlocutore. Oggi quali sono i risultati concreti delle scelte politiche di Mancini & C.?
Non c’è certezza ancora delle decisioni su chi nominerà i deputati. Pare che il Comune invece di otto ne nominerà quattro, e la nomina andrà agli equilibri politici interni al Consiglio Comunale: oltre il rischio di una maggiore lottizzazione il ruolo del nuovo sindaco verrà ridimensionato totalmente. Due deputati (invece che cinque) alla Provincia, ma stavolta li nominerà sempre un esponente del Pd, il presidente Bezzini. Camera di Commercio,  Consulta Provinciale del Volontariato e Sindacati sono enti controllati fortemente dalla politica, ma non sono soggetti alla volontà popolare che si manifesta con le elezioni amministrative. Per non parlare poi dei due posti riservati a enti esterni alla città di Siena che non si ha idea chi possano essere, di certo le lamentele che provengono da Grosseto indicano che le autonomie locali non sono state ascoltate. Risultato: il rischio che ci sia un travaso di potere da quello vecchio a uno nuovo formato dalle stesse persone e dagli stessi interessi è certezza. Infatti nel testo licenziato sembra che ci sia la rinuncia a obbligare la sede sociale e amministrativa della banca a Siena: davvero i padroni di banca MPS erano altrove da sempre, nascosti dietro il paravento della senesità.

COME E' FACILE AGGIRARE LA BANCA D'ITALIA, CONSOB E ANTITRUST

L’ultimo scandalo del Monte dei Paschi di Siena, che racconta di domenica Il Fatto Quotidiano, è apodittico perché rivela un’altra irregolarità compiuta per nascondere il fatto che la banca non aveva la capacità di acquistare Antonveneta truccando da quel momento sistematicamente i conti per nascondere i buchi. Buchi nei quali personaggi riferibili all’Area Finanza, la cosiddetta “Banda del 5%” si sarebbe infilata per procacciarsi indebiti guadagni senza che nessuno potesse scoprire come stavano veramente le cose. Perché questa gente allontanava chi, all’interno della banca, fosse in grado di scoprirle e circondandosi di yesman privi di qualsiasi competenza. Ma lo è perché rivela anche come le leggi del nostro ordinamento siano somiglianti a quelle di una Repubblica delle banane, dove chi è al potere può tutto senza doverne subire le conseguenze, in totale deresponsabilizzazione.
Il Fatto ci dice nel 2009 la banca deve dimostrare, all’ispezione attesa per il 7 dicembre, di aver portato la raccolta dei clienti al limite del 58% in provincia di Siena, contro il 70% fin lì detenuto, in ossequio alle prescrizioni dell’Antitrust seguite all’affare combinato col Santander. Essendo in difetto, si organizza con l’aiuto della Fondazione, conti correnti e travasi si soldi che vanno da Siena a Roma per tornare dopo l’ispezione. Lo scoprono i magistrati, perché all’epoca stanno quindi già intercettando le telefonate degli uomini ai vertici di MPS, che proseguono ignari a mestare nella poltiglia affaristica che hanno creato. La Magistratura avrebbe chiesto “ragguagli alla stessa Banca d’Italia, specificando che quei movimenti erano sicuramente da mettere in relazione con la necessità di MPS di adempiere entro il termine del 30 novembre 2009 (poi prorogato al 31 maggio successivo) all’obbligo di ridurre la quota di mercato dei depositi detenuta nella provincia di Siena. La Banca d’Italia risponde che tutto sembra regolare, ma facendo riferimento solo ai movimenti dei soldi da una città all’altra, di per sé normali. A quanto pare i magistrati non avrebbero informato gli ispettori di palazzo Koch e l’Antitrust delle intercettazioni agli atti, che, all’apparenza, darebbero alle stesse operazioni la luce particolare dell’ostacolo doloso alla vigilanza”.
Ma se Banca d’Italia, Consob e Antitrust si possono prendere in giro in questa maniera, vuol dire che leggi e regolamenti sono estremamente vacui e lassisti, più adatti a un corpo dirigenziale che li deve plasmare come plastilina alle proprie necessità di potere, deresponsabilizzando il malcapitato di turno che deve firmare e validare le ispezioni fasulle che vengono ordinate da Palazzo Koch. E come poi interpretare la decisione della Magistratura di non avvertire la Banca d’Italia che le operazioni messe in atto, come riferisce il Fatto, da Attilio Di Cunto, Marco Parlangeli, Lorenzo Biscardi? Oltre alla segretezza di indagini ancora in corso, non si potrebbe avvertire il timore che da Roma a Siena ci potesse essere un travaso di notizie per mettere in guardia i vertici di Rocca Salimbeni? Un ultimo aspetto inquietante è la coscienza che la Deputazione potesse o meno avere riguardo alla conoscenza di certe operazioni che venivano compiute. Non tanto per le operazioni in sé, quanto per il fatto che dalle intercettazioni risulterebbe che l’ente controllato dalla Fondazione ordinava e Palazzo Sansedoni controllante eseguiva gli ordini. Un inversione di ruoli in linea con il comportamento che, fin dall’acquisizione di Antonveneta, la Deputazione ha sempre mantenuto nei confronti di Mussari e della banca. E che ne sancisce l’inadeguatezza: quando se ne andranno via dalle poltrone in Via Banchi di Sotto, sarà sempre troppo tardi.

venerdì 17 maggio 2013

INONDAZIONE? FIUME KILLER? NO GRAZIE NON CI CREDO!

Nuove inondazioni in Veneto - segnatamente a Verona. Come già abbiamo avuto a scrivere in proposito di vecchia alluvione che disastrò i capannoni industriali nella valle del Tanaro in Piemonte e di quella esondazione a sinalunga, provincia di Siena, ricordiamo che la bramosia di guadagno ha portato a rendere edificabili aree che non potevano esserlo, a costruire senza accorgimenti, a dare stipendi esagerati ai politici nominati nelle agenzie di controllo invece che investirli nella prevenzione e nel rinforzo degli argini.

Oggi non possiamo che linkare quanto scriveva nel novembre 2012 un sito veronese:

http://www.veronareattiva.org/sito/notizia/103/altro-che-fiume-killer-stop-al-consumo-di-suolo-ce-lo-chiede-l-europa.html

e proprio a Verona morte e distruzione nemmeno sei mesi dopo

fermare il consumo del suolo
stop al consumo del suolo

GRILLISMO E POTERE

Probabilmente neanche Grillo pensava di arrivare così rapidamente a un successo elettorale di dimensioni gigantesche. E giustamente non ha preteso in prima battuta di arrivare a posizioni di governo, nelle quali i suoi eletti (più o meno democraticamente scelti dalla sua base) sarebbero stati sopraffatti per inesperienza dal resto della compagine governativa. Poi c'era anche da sistemare la pratica Bersani.

Gargamella o meno, se vuoi essere credibile ai tuoi elettori dopo aver dichiarato che non avresti fatto governo con un morto che parla e cammina, la scelta era giusta: farlo dimettere. E' probabile che nel Pd si sia arrivati poco lontano da fare avere l'incarico di governo a uno gradito al M5S. Le cose sono andate diversamente, è nato il governo Letta.

La componente affaristica del PD, ovvero l'elenco dei nomi della politica romana che possono affermare di avere in tasca le tessere del partito con tutti i cambiamenti di nome dal PCI a oggi, sta tentando di autoperpetuarsi pur in compromesso con il Berluskazz. Il mosaico è composto da tanti incarichi, posti di potere, banche e Cassa Depositi e Prestiti, regioni, province, comuni, circoscrizioni.

A Siena, nel momento in cui l'ente Provincia sit rova costretto a dimezzare gli emolumenti, una consulenza per un ufficio stampa esterno che casualmente è anche l'ufficio stampa del partito a livello locale, però non è andata disdetta. Sarebbe stato un risparmio notevole di risorse inutili sprecate, visto che personale la Provincia per ottemperare al compito ce l'ha, ma non usciamo dal tema oltre.

Grillo guardi alla storia. Per avere voluto prendere tutto, come sembra voglia oggi, rischia di non prendere nulla e di permettere all'avversario di sopravvivere con tutti i suoi sistemi e mezzucci. Il governo Letta avrà probabilmente vita breve, per l'incapacità di fare qualcosa di organicamente costruttivo e di demolire i monopoli che stringono l'Italia in una morsa e perchè per salvare il berluskazz ci sono cose che nessun democratico è disposto a fare.

berlusconi, presentandosi come la stabilità e la convenienza da basso prezzo, con i suoi sondaggi sarà pronto a guidare il paese per altri 5 anni. Sappiamo a cosa ci ha esposto la scelta di far cadere il governo Prodi nel 2008 dei vari politici di sinistra. Duri e puri, Grillo, ma al momento giusto, sfruttando questo tempo concesso per prepararsi a governare, bisogna scegliere di non tornare al voto.

Pensare di andare allo scontro finale con uno che si fa le ricostruzioni delle cause perse alla Ruby nelle sue televisioni private con un nuovo voto è semplicemente autodistruzione. La storia dei vari Occhetto, Ferrero e simili dovrebbe essere molto istruttiva. Il berluskazz, di fronte alla chiusura dell'esperienza Letta Enrico, spingerà per votare e la grancassa mediatica sta con lui. Perfino chi ha un atteggiamento neutrale presenta le notizie in modo ovattato e consapevolmente errato e confondibile.

Se cade Letta il pallino va nelle mani di Napolitano. Che prima di sciogliere le camere, sul nome dal M5S indicato nello schieramento del PD, sarebbe costretto a dare un incarico, con sommo scorno dei vari D'Alema, Amato, Quagliariello, Berluskazz. Un governo che facesse quei pochi cambiamenti condivisibili veri sarebbe fatale al berluskazz, già.

Un governo che invece di levare 120 euro di Imu sulla prima casa (che col 78% di italiani padroni di casa significa che finalmente abbiamo una tassa che tutti pagano) levi l'illiberale balzello del Canone RAI: sono gli stessi soldi, per le tasche dei cittadini, no? E distruggere l'illiberale castello della legge Gasparri, così chi è più bravo incasserà più pubblicità.

Un governo che escluda dalla tassazione dell'imponibile una quota sul fatturato di giacenze di magazzino (es. con 1 mln di fatturato si potrebbe avere, non tassato, un 10-15% di magazzino: solo ricostituire le scorte metterebbe in moto l'economia senza costare nulla.

Ci sono tante cose che si possono fare, come ricontrattare il prezzo del gas coi Russi: è facile, lo paghiamo più caro degli altri paesi europei indipendentemente se sia vero che il berluskazz ci fa la cresta come ha detto un tizio che sembrava saperla lunga a Report.

MA SENTI STO PORCELLUM CHE SAREBBE ANTICOSTITUZIONALE!

La Corte Costituzionale ha mandato alla Consulta il Porcellum accogliendo i rilievi di un avvocato che ne contesta la legittimità

http://www.corriere.it/politica/13_maggio_17/legge-elettorale-cassazione-boccia-premio-maggioranza_4a6bb2ee-bee7-11e2-be2c-cd1fc1fbfe0c.shtml

Nessun stupore: una delle caratteristiche del regime publicitario in vigore da 20 anni in Italia è proprio quella di fare leggi infischiandosene del diritto e della Carta Costituzionale e della volontà dei cittadini.

Perchè? Intanto la legge va immediatamente in vigore e consente l'esercizio del potere in maniera prevaricatrice ed truffaldina. Specialmente se si prepara l'opinione pubblica con allarmismi del tipo "Siamo in emergenza" o cose del genere. Poi se dopo qualche anno viene abrogata chi se ne frega, nessuno ne risponde e i benefici immediati per gli esponenti del regime pubblicitario sono già stati goduti.

Sul Porcellum, in particolare gli strali della Corte Costituzionale riguardano "l'alterazione degli equilibri costituzionali" proprio quelle cose che impediscono di governare a chi vince se non prende la maggioranza in Senato in Lombardia, Campania, Sicilia.

Poi, scrive la Corte, forse ispirata dalle recenti vicende politiche, sul premio di maggioranza: «Si tratta - si legge nella sentenza - di un meccanismo premiale che, da un lato, incentivando (mediante una complessa modulazione delle soglie di accesso alle due Camere) il raggiungimento di accordi tra le liste al fine di accedere al premio, contraddice l'esigenza di assicurare la governabilità, stante la possibilità che, anche immediatamente dopo le elezioni, la coalizione beneficiaria del premio si sciolga o i partiti che ne facevano parte ne escano (con l'ulteriore conseguenza che l'attribuzione del premio, se era servita a favorire la formazione di un governo all'inizio della legislatura, potrebbe invece ostacolarla con riferimento ai governi successivi basati un coalizioni diverse).

Davvero che si poteva verificare questo caso? Cosa ha fatto Sel per la formazione del governo Letta? Lo hanno capito anche alla Corte Costituzionale!

Estremamente versiva la considerazione finale: esso provoca una alterazione degli equilibri istituzionali, tenuto conto che la maggioranza beneficiaria del premio è in grado di eleggere gli organi di garanzia che, tra l'altro, restano in carica per un tempo più lungo della legislatura (ovvero tengono sotto controllo il prima e il dopo, ndr)». Da qui la sua manifesta «irragionevolezza» in base all'art. 3 della Costituzione nonché la lesione «dei principi di uguaglianza del voto e di rappresentanza democratica».

Un golpe mascherato da legge dalle belle intenzioni. Ci avreste mai creduto se non fosse una sentenza della Corte Costituzionale?

Cominciate a comprendere cosa vuol dire Regime Pubblicitario?

giovedì 16 maggio 2013

FONDAZIONE MPS - COME CONSERVARE IL POTERE

La versione 2.0 del celebre proverbio “Chi rompe, paga Siena e i cocci sono suoi” sta andando in scena nella città del Palio. Tutto grazie alla nuova versione impalpabile dello statuto della Fondazione MPS che trasferirà con modalità che non vengono spiegate, in nome di chissà quale trasparenza, dal sindaco che verrà a nuovi soggetti la nomina di gran parte della Deputazione. Per poi vedere prendere corpo a settembre la la parabola di un presidente che, come Giuseppe Mussari, col curriculum di dissestatore bancario avrà un incarico importante prima di essere fatto a pezzi dalle indagini giudiziarie. Dopo avergli lasciato il tempo di finire l’opera. Che democrazia è questa nella quale non possiamo imparare dai nostri errori, anzi dobbiamo aspettare le scadenze per rimediarvi? Il tutto col la foglia di fico che la modifica dello statuto è richiesta dal Ministero dell’Economia e dall’ Acri del superpolitico Giuseppe Guzzetti. Bellamente ignorate per 17 anni e ora scusa per imporre alla città un cambiamento che non cambierà nulla.
A questo punto non è più importante sapere chi vincerà le prossime elezioni. Il nuovo sindaco sarà una parte ininfluente del nuovo potere in Palazzo Sansedoni. Il pannello di controllo del potere economico del Pd, quello che ha barattato la conferma di Franco Bassanini alla presidenza di Cassa Depositi e Prestiti per consegnare il paese alla famiglia Letta e alla gestione bipartisan, ha vinto e sta completando l’opera di “punire” i senesi che non hanno amministrato bene la banca. La nomina del nuovo presidente della Cdp del 17 aprile era di competenza, guarda caso, del Ministero dell’Economia e delle Fondazioni bancarie. I grillini, nel racconto di Massimo Mucchetti, hanno tentato di far saltare il banco inutilmente. Però subito dopo è saltata la candidatura civetta di Marini, un improponibile vecchietto ottantenne con problemi di sordità che sarebbe ingeneroso ricordare se non lo avessero esposto al ridicolo candidandolo.   
Adesso la fondazione annuncia di aver consultato in gran segreto alcuni soggetti economici e istituzionali locali, dove peraltro il dominio del partito è pressoché assoluto. Si vocifera di due soggetti esterni e indipendenti (forse la Fondazione Astrid?) ma sono segreti anche i loro nomi. Quindi anche vincesse le elezioni Valentini, candidato PD, la presa sulla Fondazione non sarebbe nelle mani dell’eletto che diventerebbe solo una tessera del mosaico e nonostante le sue velleità di rinnovamento del partito, dovrebbe adeguarsi alla linea del pannello di controllo romano. Le consultazioni non sono state pubblicizzate, gli esiti nemmeno, ai cittadini viene soltanto comunicato che a cose fatte, cioè quando il Ministero dell’Economia nella figura del ministro Saccomanni avrà firmato il benestare al nuovo Statuto, sapranno nelle mani di chi sarà finita la Fondazione, quello strumento principe che aveva affermato la senesità nelle parole vane di troppi politici locali, che di lasciare le scene proprio non vogliono saperne.
Ma secondo l’articolo 7 dello Statuto abiurato da Mancini & C. il 5 maggio scorso doveva essere spedita la richiesta agli enti nominanti di provvedere alle nomine della nuova Deputazione che entrerà in carica il prossimo mese di agosto. Saranno state spedite o si dovrà aspettare che la Magistratura apra una serie di verifiche, come quelle che la prossima Deputazione dovrà aprire sul rispetto della capacità statutaria di Palazzo Sansedoni di fare debiti e l’oculata gestione delle risorse? La Fondazione non ha specificato nulla nel comunicato stampa sull’argomento, che non ha un ruolo marginale. E poi se il ministro Saccomanni decidesse di non approvare il testo? Ci ritroveremmo in una situazione paradossale di una Deputazione scaduta che non oltre a dissipare un patrimonio di 11 miliardi non riesce nemmeno a organizzare la sua successione alla carica.

lunedì 13 maggio 2013

IUS SOLI, OVVERO COME MENARE IL CAN PER L'AIA ANCHE OGGI

Qualcuno crede che lo Ius soli avrebbe aiutato il ghanese Mada Kabobo ad evitare il momento di follia che lo ha portato a commettere una strage col piccone a Milano?

La storia è lastricata di belle intenzioni sbagliate esternate nel momento sbagliato.

Il ministro Cecile Kyenge non si è sottratta alla storia delle intenzioni sbagliate.

Pensi ad altro, in questo momento, a come evitare momenti di follia veramente tragici: oggi è toccato a un cittadino extracomunitario, ma le ragioni di difficoltà sociale, economica e culturale sono le stesse che potrebbero alimentare la follia di chiunque, nero o bianco, italiano o straniero, uomo o donna.

Si sappia dare le priorità giuste alla storia.

ANCHE ENRICO LETTA RACCONTA BENE LE BARZELLETTE!

 Letta alla stampa:

«Fare spogliatoio. Ognuno paga per sé»

Poi lunedì si torna a Roma.

Chi controlla i rimborsi spese?

Fatemi sapere.

La disinformazione del regime pubblicitario è sempre attiva.

martedì 7 maggio 2013

GIUSTIZIA: INCEPPARE LA MACCHINA DEL TRIBUNALE SENESE OGGI PER NON FARE I PROCESSI DOMANI

Il rischio che l’inchiesta Antonveneta si impantani e finisca in una bolla di sapone per volontà politica è più forte che mai. Dietro la facciata delle dichiarazioni di rito e delle schermaglie dei partiti esiste in Italia una volontà bipartisan di non arrivare mai al compimento della ricostruzione dei fatti, delle responsabilità e delle pene, e questo vale per tutti i grandi processi in cui è implicata la politica: in questo caso basta non fare nulla. Il capro espiatorio c’è, verrà processato quanto prima. Ma già il primo sassolino nell’ingranaggio della macchina giudiziaria è stato gettato: il giudice Francesco Bagnai a settembre andrà via da Siena. Non si sa se sarà sostituito, ma chi ne prenderà il posto dovrà avere il tempo di studiarsi le carte da capo: se non avesse tentato la fuga a Londra oggi anche Baldassarri sarebbe a casa sua, peccato che non abbia confidato nella legislazione giudiziaria italiana! I grandi inquisiti Mussari e Vigni non vanno dentro perché collaborano con la giustizia, ma quello che dicono rimarrà segreto e, dopo la probabile prescrizione, secretato, inconoscibile e inutilizzabile.
 Che la Procura di Siena, per la sua storia e la quantità del suo organico, non fosse adeguata a sostenere un terremoto politico-finanziario del valore di oltre 30 miliardi complessivi era ovvio fin da principio. Ingroia, specializzato in mafie e criminalità organizzata, ha buone ragioni per non voler andare ad Aosta, procura che nello specifico non ha mai avuto una storia di mafia da offrire. Eppure l’ex ministro “tecnico” Severino non ha ritenuto necessario rinforzare l’organico del Tribunale di Siena, almeno come hanno fatto i locali magistrati per le indagini, che hanno chiesto l’aiuto della Guardia di finanza di Roma, più numerosa e specializzata in reati finanziari di primo livello, affiancando la caserma di Via Curtatone. Così arriviamo alla querelle odierna, in cui un Gip, Ugo Bellini, si lascia così descrivere dal presidente del Tribunale Benini: “è ai limiti della sostenibilità e non v'è giorno in cui il collega chieda di essere sollevato da quelle funzioni. La demotivazione e il timore di non essere all'altezza del compito, quantitativamente e qualitativamente, sono evidenti". Timore di non essere all’altezza del compito che però non gli impedisce, criticatissimo, di respingere il decreto di sequestro preventivo per Nomura e per gli ex vertici del Monte.
Un ostacolo che rischia di compromettere l’intera impalcatura dell’indagine nel complesso filone dei derivati: non si tratta solo di due miliardi scarsi di euro che pure sarebbero linfa vitale per il Monte dei Paschi. Ma si va, con questo sequestro, ad intaccare la facoltà delle grandi strutture finanziarie mondiali di fare e disfare a piacere non ritenendosi sottoposta alle leggi degli stati nazionali, e di combinare affari illeciti fra sodali. Una questione complessa, ma è chiaro a tutti come navighino queste entità tra le pieghe delle legislazioni dei singoli paesi alla ricerca del profitto a tutti i costi. Immaginiamo a Roma le fortissime pressioni della lobby affaristica, se il Tribunale del Riesame dovesse ribaltare il giudizio di Bellini: la questione arriverebbe certo in Cassazione e si dovrebbe attendere una risposta che fatalmente arriverebbe alla fine di luglio. E così, grazie ai tempi tecnici dei tribunali,  se ne riparlerà dopo metà settembre. E sono troppi i politici romani legati a doppio filo alle varie banche d’affari internazionali per evitare l’accumulo di sassolini nella macchina della giustizia senese, gente da Bocconi, Morgan Stanley, Goldman Sachs e via dicendo. Quello che si può nascondere dietro all’investigazione di una piccola procura di provincia potrebbe causare conseguenze da fare tremare il mondo della finanza.

domenica 5 maggio 2013

ANTICORRUZIONE: IL PAESE DELLE BANANE (DI DESTRA E DI SINISTRA)

Tutta la stampa e l'opinione pubblica è presa nella considerazione dei massimi sistemi, nella forza stritolante dlle armi di DISTRAZIONE DI MASSA,

la costituente, ovvero la replica della enorme presa per i fiondelli che fu la bicamerale.

Avevamo avvertito che l'ennesima leggina ad personam, stavolta arrivata per mano del ministro dell'Ingiustizia Severino Paola

http://lexdc.blogspot.it/2012/10/lavvocato-severino-pensa-bene-al-suo.html

avrebbe creato un altro vulnus alla coesistenza degli italiani, contribuendo a distruggere il tessuto interconnettivo del senso della Patria (stiamo insieme per valori condivisi ma le leggine che creano italiani di serie A e di serie B ci dividono fino all'estremo).

L'ultima versione della legge anticorruzione targata Severino - che tutti dissero aver incassato nell'occasione la candidatura sicura alla successione di Napolitano, e non è detto che non ci riesca alla fine - vuole dimostrare che,

se il Princeps, il potente, il berluskazz di turno telefona al poliziotto che una ragazza marocchina deve uscire dalle mani della giustizia perchè "è nipote di Mubarak" (che è egiziano e non marocchino; e un presidente del coniglio, pardon consiglio non ha il potere di far uscire nessuno in ogni caso) il funzionario pubblico può scegliere solo se ubbidire o non ubbidire ma in entrambi i casi passerà un guaio lui. 

LO DICE UNA RELAZIONE DELLA CASSAZIONE, MICA QUESTO BLOG!

IL FATTO QUOTIDIANO: “Già a una rapidissima lettura risulta evidente come, nel confronto delle disposizioni precedente ed attuali, non si è proceduto a una scissione pura e semplice; nell’attuale concussione è “scomparso” il riferimento, quale possibile soggetto attivo del reato, all’incaricato di pubblico servizio (per esempio Berlusconi, ndr); nella nuova ipotesi di induzione è “apparsa” la punibilità di quella che, fino al 28 novembre 2012, era soltanto la parte offesa del delitto (i poliziotti, ndr)”. Quindi è ben chiaro che se i protagonisti della storia hanno cambiato ruolo è la stessa storia che risulta modificata. E lo sarà probabilmente anche il finale. Perché i giudici devono interpretare leggi ed eventuali cambiamenti. In questo modo “le evidenti differenze delle norme incriminatici, in assenza di disposizioni transitorie, rimbalzano sull’interprete e sulla giurisprudenza” che avrà ” il compito di stabilire se le modifiche normative hanno modificato l’area del penalmente rilevante“. Questo il cuore del documento redatto dall’ex pm anticamorra Raffaele Cantone, che non cita altro che processi arrivati nella sede di piazza Cavour. Insomma questa disparità va valutata e giudicata con il rischio che non ci sia rilievo penale da contestare.
Scatta la punibilità per il concusso: chi prima era vitima ora è complice. Le conclusioni generali, arrivate dopo l’analisi di numerose sentenze, fanno intuire una prognosi infausta per il processo Ruby, che non viene mai citato. “Bisogna (…) prendere atto che il criterio adottato in passato per distinguere induzione e costrizione, fondato sul minore grado di coartazione morale, ha dato luogo a difficoltà interpretative e ha finito per ampliare la portata applicativa della precedente disposizione codicistica. Quel criterio oggi può essere rivisto alla luce del fatto nuovo introdotto dalla norma dell’art. 319 – quater e cioè la punibilità dell’indotto. E’ necessario, quindi, individuare una ragione ulteriore per spiegare perché colui che fino al 28 novembre era solo vittima oggi comunque diventa compartecipe del reato, sia pure con una pena ben diversa e minore di quella prevista per colui che induce ma anche per il corruttore”, si legge nella relazione. Il logico porta quindi a stabilire che chi subisce, a meno che non sia minacciato in maniera esplicita, possa rifiutare: “Tale ragione può essere reperita nella possibilità che egli ha di opporsi alla pretesa illegittima e tale possibilità va individuata nella conservazione di un margine di autodeterminazione, che esiste sia quando la pressione del pubblico agente è più blanda sia quando egli ha un interesse a soddisfare la pretesa del pubblico funzionario, perché ne consegue per lui un indebito beneficio”. I poliziotti che ricevettero la telefonata da Parigi delll’allora premier Berlusconi avevano quindi la possibilità di opporsi e certamente non hanno conseguito un beneficio nell’aver assecondato la richiesta del Cavaliere. E’ come se gli avessero fatto un favore che è cosa ben diversa da un reato. Ragionamento che sembrerebbe, quindi, far evaporare nel penalmente irrilevante l’ipotesi di concussione per Berlusconi.
Inoltre mentre le pene per la concussione per costrizione sono state inasprite le pene per l’induzione sono diminuite, anche la “la novità più rilevante di quest’ultima norma è, però, contenuta nel suo capoverso, laddove prevede che “nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità, è punito con la reclusione fino a tre anni”. I reati contestati a Berlusconi sono stati, naturalmente, commessi prima della sola ideazione della legge e il principio di irretroattività vieta l’applicazione di una norma penale a reati commessi prima della sua entrata in vigore, ma questo principio trova applicazione solo per quanto riguarda le norme penali in malam partem, cioè sfavorevoli all’imputato: se la legge penale varia in modo favorevole (e questo è un caso visto la riduzione della pena rispetto al passato, ndr), essa si applica anche in via retroattiva in ossequio al più ampio principio del favor rei. Come è accaduto due mesi fa quando la legge ha “salvato” le coop rosse nel procedimento sul “Sistema Sesto con la prescrizione.

venerdì 3 maggio 2013

BANCA E PD: L'INTRECCIO DEI FINANZIATORI

A Siena molti si domandavano come avrebbe fatto il Pd locale ad andare avanti senza le generose elargizioni di Giuseppe Mussari. L’ex presidente del Monte dei Paschi e dell’Abi, secondo i dati ufficiali della Camera dei Deputati, dal 27 febbraio del 2002, data del suo primo assegno al partito, fino al 6 febbraio dello scorso anno, aveva versato a titolo personale nelle casse del movimento ben 683.500 euro. Tanto da far vergognare il candidato-sindaco Bruno Valentini, come da dichiarazione dello scorso 17 aprile. Mentre sulla stampa nazionale compaiono gli elenchi dei finanziatori dei partiti italiani, si scopre che dietro il binomio banca-partito continua ad arrivare al numero 34 di Via Rosi un fiume di denaro. Frutto del solito intreccio che non vuol mollare la presa. Tra novembre 2012 e aprile 2013 infatti il Partito Democratico cittadino ha ricevuto 157.589,38 euro di contributi elettorali. In cui la politica è rappresentata dalla parlamentare Susanna Cenni (22mila euro) e dall’ex deputato ora presidente della società per la nettezza urbana Sienambiente, Fabrizio Vigni (7mila euro).
Poi vengono solo figure legate a doppio filo con la banca e le società locali. In testa alla lista del periodo c’è Alessandro Piazzi con 24mila euro versati. Protagonista della vita cittadina di basso profilo, ma non figura secondaria in città: Piazzi è l’amministratore delegato di Estra, la multiutility locale dell’energia e delle telecomunicazioni, oltre che membro della Deputazione amministratrice della Fondazione MPS (di cui periodicamente viene indicato come successore di Gabriello Mancini, che a sua volta partecipa al finanziamento con 5.000,00 euro) ancora oggi primo azionista della banca, consigliere di amministrazione di Sansedoni Spa, membro del comitato esecutivo di Confservizi Cispel Toscana, oltre ad aver girato negli ultimi 18 anni gran parte dei CdA della galassia Monte (Ticino vita, Consum.it, Banca Toscana, Monte Paschi Banque)e dell’Università.  
La lista dei finanziatori locali del Pd prosegue, ed è composta da nomi, anche storici per il partito, che occupano o hanno occupato posizioni di rilievo nell’istituto di credito senese. Ad esempio con 8.000,00 c’è Francesco Saverio Carpinelli, già ai vertici di Mps Capital Services, con 8mila euro e dagli attuali vice presidenti della stessa banca per le imprese: Fabio Ceccherini (10mila euro) e Paolo Capelli (5mila euro). Il presidente di Mps Leasing & Factoring ed ex consigliere del gruppo nonché esponente sindacale di primo piano Fabio Borghi ha versato al Pd 6mila euro, mentre 8mila euro sono arrivati da Graziano Costantini, che porta lo stesso nome dell’imprenditore già amministratore di Mps, mentre di altri deputati della Fondazione Paolo Mazzini ha versato 5.000,00 euro e Paolo Fabbrini, componente anche del board di Siena Biotech, 7.000,00. La storica presidente del collegio sindacale di Palazzo Sansedoni, Luciana Granai, ha sborsato  11.000,00 euro. Il presidente della società comunale Siena Parcheggi, Roberto Paolini, è più munifico: 14.789,00 euro. Ha avuto molto dalla banca, il ragioniere: nel suo curriculum si legge della partecipazione al Collegio dei Revisori della Fondazione, di Sansedoni e di Siena Biotech spa e al collegio sindacale di Axa Montepaschi Vita. Al contrario il vicepresidente di Rocca Salimbeni nonché sindaco revisore nel vecchio CdA, Marco Turchi, non è molto generoso: soltanto 5mila euro.
La signora Linda Lanzillotta, che sembra estranea ai giochi della politica senese in quanto eletta in Umbria con Scelta Civica, ha avuto tra i suoi sostenitori Ducci Astaldi. Il presidente del consiglio di gestione della società italiana per Condotte d’acqua ha finanziato con 10.000,00 euro la campagna della signora Lanzillotta. Che è la moglie del presidente del consiglio di sorveglianza della sua stessa azienda, Franco Bassanini, già deputato eletto proprio a Siena. Quel Bassanini che è stato riconfermato in extremis alla presidenza della Cassa Depositi e Prestiti che pare in pole position per intervenire nel Monte dei Paschi uando risulterà evidente e incontrovertibile l’impossibilità di restituire i Monti bond. Ricordare che Bassanini, insieme a Giuliano Amato e Luigi Berlinguer (soci fondatori di Astrid), è considerato il padrino politico più importante dell’ex presidente del Monte, Giuseppe Mussari, è come chiudere il cerchio.

giovedì 2 maggio 2013

DEL GATTO E DELLA VOLPE, PROFUMO E MANCINI

”Sarete chiamati presto a deliberare sull'eliminazione del tetto statutario al diritto di voto” ha detto Alessandro Profumo agli azionisti nel corso dell’assemblea del 29 aprile: “ce lo ha chiesto la Banca d'Italia e ce lo chiede anche Bruxelles”.  Gabriello Mancini entrando in assemblea "prende atto" che la proposta fatta dall'amministratore delegato Fabrizio Viola (in una intervista a Il Sole 24 Ore tre giorni prima, ndr) sull'eliminazione del vincolo statutario del 4% del capitale per i soci della banca, esclusa la Fondazione, è "una opinione personale". Il tempo stringe: come più volte dichiarato entro metà maggio Viola dovrà presentare l’ennesimo piano industriale alla Bce che ha acconsentito all’emissione dei Nuovi Strumenti Finanziari per il salvataggio dell’istituto di credito senese. Non aver messo all’ordine del giorno insieme all’approvazione del bilancio anche l’abolizione del vincolo potrebbe essere una mossa infelice, se veramente la Bce ritenesse fondamentale questo passaggio societario, mettendo a repentaglio l’approvazione. Però non abbiamo trovato un documento ufficiale della banca Centrale Europea che faccia obbligo a MPS di provvedere in merito. La trasparenza per una società quotata in borsa richiederebbe l’accessibilità e la pubblicità degli atti; se Profumo ne fosse in possesso, potrebbe farcene avere una copia.
Al contrario, il parere scritto della Bce del 17 dicembre 2012 (CON/2012/109) non tratta assolutamente della composizione societaria della banca senese, non parla direttamente all’istituto di credito, ma invita il governo italiano (attraverso il Ministero dell’Economia, che aveva richiesto il parere) ad agire in merito agli obiettivi che l’emissione dei NSF dovrebbe permettere di raggiungere. Chi dirà il vero nel consueto gioco del gatto e della volpe tra Profumo e Mancini?
Sembra proprio che Profumo abbia solo in mente di spianare la strada al suo segretissimo socio da un miliardo di euro che arriverà nel 2014 o nel 2015 quando gli scogli più perigliosi saranno stati doppiati: “Stiamo lavorando perché la banca resti indipendente e basata a Siena: per questo, il rimborso dei Monti bond è la sfida più importante”. Un socio (indipendente da chi?) che ai valori attuali con un miliardo si prenderà il 51% delle azioni – più o meno – garantendo forse la sopravvivenza della Fondazione MPS la cui capitalizzazione è oramai interamente costituita dalle azioni della banca. Scontro apicale in arrivo tra Palazzo Sansedoni e Rocca Salimbeni? Eppure Profumo è stato nominato presidente del Monte su indicazione della Fondazione, dunque di Mancini: tutti ricordano le febbrili discussioni che portarono alla scelta del manager ex-Unicredit.
Fra i due in teoria ci dovrebbe essere maggiore comunanza di intenti. Ma l’avvicinarsi della competizione elettorale amministrativa potrebbe costringerli a tattiche contrastanti. Tra un presidente che vuole allontanare da sé la macchia della nomina politica nonostante la Fondazione sia un ente politico per eccellenza e un altro presidente organico al sistema degli ultimi 18 anni attento agli umori cittadini e alla ricostruzione dell’imene virgineo di un centrosinistra compromesso con la distruzione verticale della banca, i cittadini sono presi tra due fuochi. Schermaglie sull’assetto proprietario del Monte dei Paschi in questo momento sono vere armi di distrazione di massa dall’obbiettivo che si persegue a quattro mani da un anno a questa parte; ma la rivendicazione della senesità della banca è pur sempre un atout a cui nessun candidato alla poltrona di sindaco può rinunciare, tantomeno se del centrosinistra locale, laboratorio in piccolo dei problemi del Pd nazionale.

UNICOOP FIRENZE: PESANTI PASSIVI CON I DEPOSITI DEI SOCI

Colpo di scena. All’assemblea straordinaria del 25 gennaio scorso Unicoop Firenze, come da verbale del notaio Zanchi, si era presentata in assemblea forte della sua partecipazione del 2,73% pari a 381.591.373 azioni possedute. Il verbale era attivato il 6 febbraio ed era stato inserito prontamente nel sito della banca MPS. Dopo l’assemblea ordinaria del 29 aprile, Maurizio Bologni su La Repubblica si fa due conti e scopre che stavolta Unicoop Firenze si presenta con “111 milioni di azioni Mps in più rispetto a quanto era noto fino ad oggi. E si scopre, così, che la partecipazione del colosso della grande distribuzione alimentare nella Banca senese sfiora il 3,7% invece del 2,7%, si avvicina a quella degli Aleotti (col 4%, secondi soci dietro la Fondazione Mps), e tinge di maggiore "toscanità" Rocca Salimbeni. Nel suo complesso Unicoop Firenze valuta quella in Mps una partecipazione strategica, con rose e, recentemente, tante spine: il gruppo della grande distribuzione si è convinto ad un'importante svalutazione del pacchetto azionario Mps, acquistato negli anni a caro costo rispetto al deprezzamento che nel frattempo ha subito il titolo, svalutazione che gli specialisti stanno calcolando in questi giorni e che spingerà verso il deficit di bilancio 2012 di Unicoop in approvazione nelle prossime settimane.
«La svalutazione è un'operazione di trasparenza - fanno sapere da Unicoop - e occorre chiedersi quante altre aziende che hanno in portafoglio azioni Mps si comportano allo stesso modo, svalutando. I conti si fanno alla fine, ai valori che il titolo avrà quando la partecipazione verrà venduta. E comunque - si ripete da settimane - i soci devono stare tranquilli, la società è solida ed ha un patrimonio florido e abbondante.» E sulla trasparenza siamo tutti d’accordo: chissà cosa ne pensa la Consob, però, che doveva essere informata e invece nulla sapeva. A Siena il rappresentante del colosso della distribuzione alimentare ha presentato il primo pacchetto di 318 milioni di azioni, che hanno generato una minusvalenza di 335 milioni, e un secondo pacchetto di 111 milioni di azioni, depositate presso una banca milanese. Azioni, viene a conoscenza Bologni, “acquistate a luglio del 2012 dal comitato di gestione presieduto da Golfredo Biancalani, una delle due teste dell'azienda (l'altra è il comitato di sorveglianza presieduto da Turiddo Campaini). Comunicate nei tempi di legge alla Banca, mai alla Consob, mai portate prima di ora in assemblea”.
Sperando che si riveli un buon affare, l'acquisto delle azioni nel luglio 2012. Il 24 luglio fu toccata la quotazione più bassa nella storia borsistica dell’istituto di credito: 0,1568 euro. Sicuramente, visto che sarebbero stati presi in carico a circa 18 centesimi, si alleggerisce il peso della partecipazione-macigno sul bilancio di Unicoop. Cosmesi finanziaria per diluire l’impatto emozionale per i moltissimi soci, che di finanza poco ci masticano e ancor meno ne vogliono sapere. Oggi il titolo MPS quota intorno ai 20 centesimi, forse aver venduto i 111 milioni a gennaio 2013 (15 gennaio, 0,30 euro) sarebbe stato un affare migliore, visto che nessuno lo sapeva. A Pasqua perfino Matteo Renzi si era scagliato contro l’immobilismo del vertice Unicoop (Campaini “è su quella poltrona dal 1973, quando il presidente Usa era Richard Nixon”) in una resa dei conti di rottamazione tutta fiorentina interna al Pd. Altro che trasparenza!


L'ECCELLENZA VOLA VIA, L'UNIVERSITA' ITALIANA E' SOLO BARONIA

Tratteggiamo un esemplare profilo di storia italiana - cervelli in fuga - chiusi dalla solita solfa dei raccomandati. Il primo articolo è di attualità di queste ore, un trapianto di trachea costruita con plastica e staminali del paziente. Il secondo una intervista che racchiude tutti i mali dell'Università nazionale, di cui la contro-riforma Gelmini è l'ultima puntata pro-baronie.

             Per la prima volta una trachea 'bioartificiale',
realizzata con le cellule del ricevente, e' stata trapiantata in una bambina di due anni e mezzo. A effettuare l'operazione presso il Children's Hospital of Illinois, la sesta di questo genere ma la prima su un soggetto cosi' piccolo, e' stato l'italiano Paolo Macchiarini, l'inventore della tecnica La bimba, Hannah Warren, e' nata senza trachea, una condizione rarissima che e' fatale nel 99% dei casi. L'organo trapiantato, riferisce il New York Times, e' stato realizzato a partire da un tubo di materiale plastico immerso in una soluzione delle cellule staminali della piccola paziente. L'intervento, effettuato lo scorso nove aprile, e' durato circa nove ore, e la bimba sta bene a parte qualche piccola complicazione post operatoria: ''La bambina e' stata quasi sconcertata quando ha visto che non c'era piu' il tubo che aveva in bocca per respirare - afferma Macchiarini al quotidiano - e' stato molto bello''. Il chirurgo potrebbe iniziare un vero e proprio test clinico sulla tecnica, se l'ospedale dell'Illinois otterra' il via libera dall'Fda. Professore a contratto al Karolinska Institute di Stoccolma, Macchiarini ha ottenuto anche un contratto triennale all'ospedale di Careggi di Firenze. Dallo scorso ottobre e' oggetto di un'indagine della magistratura fiorentina per le accuse di alcuni pazienti di aver suggerito ricoveri in cliniche private o straniere invece che nella struttura pubblica.

                           3 agosto 2010 . L'Unità
L’altra settimana, dopo aver effettuato (primo al mondo) un doppio trapianto di trachea con cellule staminali all’ospedale di Careggi di Firenze, Macchiarini ha annunciato che il suo sì all’offerta di una cattedra universitaria del Karolinska Institutet di Stoccolma. Perché là ha trovato aperta quella porta che il mondo accademico italiano gli ha sempre fatto trovare sbarrata. Fin da quando, brillante ricercatore laureatosi a Pisa, se ne era dovuto andare prima negli Usa, poi in Inghilterra e infine a Barcellona. Da dove era tornato, dopo 18 anni, solo un paio d’anni fa e solo grazie all’intervento diretto di Enrico Rossi, ora presidente della Toscana e allora assessore regionale alla sanità.

Professore perché ha deciso di accettare l’offerta dell’università di Stoccolma?
«Perché a Firenze non si è concretizzato il progetto che avevamo concordato. Doveva esserci una chiamata per “chiara fama”. È per questo che avevo lasciato tutto per tornare in Italia. Se mi avessero detto che non era così, che c’erano dei concorsi forse non avrei fatto la stessa scelta. Dopo due anni non è successo niente e non posso più perdere tempo e permettermi di ritardare la ricerca e bloccare tutto quello che sto facendo sia a livello assistenziale che clinico».

Come considera la sua vicenda: un caso emblematico ma limite o l’esempio di una situazione costante nell’università italiana?
«Penso che sia una vicenda che si ripeta. Speriamo che ora con la legge Gelmini che le cose cambino».

Qual è, a suo avviso, il blocco che va spezzato?
«Serve un cambio generazionale. Non può essere che coloro che sono al potere degli atenei non capiscano quali siano le esigenze dei giovani».

Che servirebbe all’Italia?
«Un garante dell’educazione dei nostri figli. Noi cittadini paghiamo le tasse, dobbiamo pagare le strutture universitarie. I fondi di finanziamento dove cavolo vanno? Possibile che non possa essere utilizzato un sistema di valutazione universale?»

Il rettore dell’Università di Firenze, Alberto Tesi, però fa notare come le procedure per una cattedra vadano osservate anche per garantire trasparenza. Che risponde?
«Sono d’accordo. Dico solo che se due anni e mezzo fa mi avessero detto “guardi lei non può venire se non dopo aver fatto una serie di concorsi etc. etc...” ci avrei potuto pensare. Nonostante che io abbia già l’equipollenza europea, acquisita in tre paesi diversi, per essere ordinario. Teoricamente ho tutti i requisiti. E che mi avrebbero chiamato per “chiara fama” il preside della facoltà di medicina ( Gensini ndr) non l’ha detto solo a me, ma anche in riunioni, presenti pure vari esponenti politici, e pure pubblicamente davanti a decine di giornalisti. Il rettore ha ragione, fa benissimo a dire che servono i concorsi. Se me lo avessero detto allora probabilmente non sarei venuto».

Insomma se l’avesse saputo sarebbe rimasto a Barcellona?
«Certo che sarei rimasto a Barcellona. I tempi brurocratici dei concorsi sono immani. Per di più i concorsi sono bloccati. Se avessi saputo che la situazione a Firenze era così, che c’erano ricercatori in attesa, mai e poi mai mi sarei permesso di avanzare rispetto a loro. Avrei detto: “prima loro e poi se c’è posto vengo io”. Ma questo non toglie valore al lavoro che abbiamo fatto sotto il profilo assistenziale perché al di là del ruolo accademico per un medico la soddisfazione più grande resta quella di poter salvare la vita delle persone».

L’altra questione sollevata è che all’università italiana mancano i soldi. A Firenze nel 2011 potrebbero mancare ben 50 milioni, un quinto di tutto il suo bilancio. I continui tagli la impoveriscono e, appunto, impediscono anche di fare concorsi. Così il turn-over è di fatto bloccato. Lei che ha conosciuto i sistemi universitari anche di altri paesi che opinione s’è fatto del nostro?
«Che sono almeno 10 anni più avanti anche rispetto alla stessa riforma approvata dal Senato. C’è massima trasparenza. Ci sono dei garanti indipendenti e autonomi. In Italia è una catastrofe, la meritocrazia, purtroppo, non è ancora italiana. Ci sono sì isole felici ma dovrebbe essere un’isola felice tutta l’Italia. Al nord, al sud, al centro, per i più poveri, per i figli di nessuno e per quelli dei baroni».

Cosa si augura?
«Che il sistema cambi. A me fa piacere che la riforma sia stata approvata col sostegno non solo della maggioranza. Se poi riusciremo, anche grazie alla mia piccola testimonianza, a scardinare all’interno di un feudo come è quello universitario, le regole sarei l’uomo più felice della terra».

Lei continuerà a operare all’ospedale Careggi di Firenze?
«Penso di sì, se naturalmente sarà possibile rimanere e convivere con l’università. Perché vorrei poter lavorare tranquillamente senza essere attaccato quotidianemente. Se reggo bene, se no valuterò se andarmene. Anche se andando via finirei per dare ragione a coloro che fanno dell’Italia un paese corrotto»

A Firenze, dal punto di vista delle strutture, come s’è trovato?
«A Careggi lavoro solo da circa cinque mesi eppure anche in questo poco tempo abbiamo fatto cose fantastiche di cui i due trapianti sono solo la punta dell’iceberg. Fra un po’ usciremo con altri interventi unici al mondo. Perché il bello dell’Italia, nonostante tutto, è che è un paese di divini creatori ed è questo che mi fa arrabbiare più di tutto. Che nonostante i suoi geni poi ci sia questo malore che avvolge il Paese e non lo dico da professore, ma da cittadino. Le posso fare un esempio che non c’entra nulla con la mia storia?».

Prego.
«Il Vaticano ha attaccato il via libera Usa ai test sull’uomo con cellule staminali embrionali. Capisco le questioni di fede sull’embrione, ma qui si tratta di salvare delle vite umane con la ricerca. Perché nessuno in Italia ha alzato la voce?».

Che consiglio darebbe a un giovane ricercatore italiano?
Ma per un giovane è meglio impegnarsi nel lavoro e nello studio o nel costruire relazioni con chi ha potere?
«Purtroppo in Italia se uno non ha relazioni finisce nel dimanticatoio. Però non è giusto. Con me a Firenze lavorano persone con età media di 30 anni. E il nostro lavoro dovrebbe essere anche quello di poter trasmettere ai più giovani quello che abbiamo imparato. Invece ..."

mercoledì 1 maggio 2013

ANCORA DISASTRI AMBIENTALI A FUKUSHIMA

Un giornalista americano ha scritto che nemmeno se il presidente della Tepco fosse stato lo sfortunatissimo Wile E. Coyote le cose sarebbero andate peggio a Fukushima. Dopo che la società elettrica nipponica aveva giurato che tutto fosse sotto controllo, una violenta infiltrazione d’acqua (da 280 a 350 litri al minuto) continua a penetrare nei reattori da una falda sotterranea e diventa fortemente radioattiva; nei piazzali della centrale sono saturati gli spazi per ospitare cisterne di raccolta di questa acque inquinate e presto si dovrà decidere di far scorrere l’acqua nell’oceano, con i risultati che tutti si possono immaginare da soli. L’acqua flitra dalle montagne circostanti, e per risparmiare la Tepco non ha costruito un muro di contenimento che vada abbastanza in profondità per impedire le infiltrazioni. Questione di risparmio economico, avallata dal governo giapponese che ora si ritrova in mano una patata bollente quanto micidiale. La popolazione mondiale, perché le acque marine interessate sono quelle dell’oceano Pacifico da cui, come si è visto con i relitti dello tsunami, si possono disperdere in tutto il mondo, viene tenuta all’oscuro di ciò che accade a Fukushima negli ultimi giorni.
Appena una settimana fa il ministro giapponese dell’industria, Toshimitsu Motegi, aveva previsto il riavvio dal prossimo autunno di una parte dei reattori nucleari presenti sull’arcipelago, contro la volontà dei cittadini nipponici. In questo momento, per la verifica delle norme di sicurezza, 48 dei 50 siti sono fermi, ma il ministro, in linea con la svolta politica del governo Abe, ha dichiarato: “Le nuove norme stabilite dall’Autorità di controllo nucleare saranno varate il 18 luglio. Se la sicurezza dei reattori sarà confermata, verranno riavviati”. Intanto fonti locali (l'informazione sui fatti attuali è quasi tutta in lingua giapponese) hanno confermato che la prefettura di Fukushima ha mandato un gruppo di esperti a fare un sopralluogo nella centrale nucleare. Essi sono stati spaventati da ciò che hanno visto e sostengono che, comportandosi in modo meno dilettantesco, sarebbe stato possibile evitare le perdite di acqua radioattiva. Disastro ambientale ancora più grave quello che attende il giappone, mentre rimangono inimmaginabili le conseguenze di un nuovo terremoto nell’area, non necessariamente della stessa intensità di quello del marzo 2011. Ma Shinzo Abe pensa solo ai guadagni per le industrie e a risolvere nel modo più veloce e semplicistico la fame di energia del paese, senza rendersi conto che presto potrebbe non rimanergliene uno da governare.