L'importante è che la morte ci colga vivi (Marcello Marchesi)

"L'importante è che la morte ci colga vivi" (Marcello Marchesi)

sabato 1 giugno 2013

LA RESPONSABILE IRRESPONSABILITA' DELLA FONDAZIONE MPS

“Non si costruisce niente sulla difesa delle rendite e del proprio particolare”. Parole e musica di Ignazio Visco, governatore di Banca d’Italia, pronunciate con il plauso dell’Acri, la potente associazione delle Fondazioni bancarie italiane ella giornata di venerdì 31 maggio. Uno spartito destinato anche ad imprese e governo, sindacati e società civile. E che suona strano assai, se riferito proprio alle ultime vicende di Palazzo Sansedoni. Una Fondazione, quella senese, caratterizzata da uno statuto che dava al suo organo di governo  una responsabile irresponsabilità: quella di essere svincolata dal rendere conto dell’operato dei suoi deputati verso chi li aveva nominati nell’incarico. Al punto che, davanti al depauperamento del patrimonio societario di oltre 12 miliardi di euro, miliardo più miliardo meno, essi non ne devono rendere conto responsabilmente a nessuno. La rendita perfetta, nel bene come nel male, prebende e gettoni di presenza certi e non contestabili.
E come tali essi si comportano almeno nei riguardi della città a cui versavano peana di adorazione. Perché celeri si sono mossi nel seguire la volontà delle Istituzioni che hanno loro comandato di modificare lo statuto, prima che il governo delle macerie sia posto in altre mani, incuranti della loro manifesta incompetenza a dirigere la baracca. E meno male che l’incompetenza non è un reato, altrimenti un bel soggiorno al carcere di Santo Spirito (con vista sulla Valle di Follonica) non lo eviterebbero. Si disse che la clausola dell’articolo 7 paragrafo 2 “I membri della Deputazione generale non rappresentano gli enti dai quali sono stati nominati, né rispondono ad essi del loro operato” doveva servire a tenere la politica lontano dalla sana gestione della Fondazione e della banca a cui codeste persone dovevano dare indirizzo e uomini capaci e competenti. Ma è successo esattamente il contrario, con un presidente (Mussari) di nomina squisitamente politica – tessera del Pci in tasca - diventato presidente della banca senza avere titoli ed esperienza adeguati al compito, un vicepresidente (Mancini) con forse qualche esperienza di bilancio Asl promosso a ruolo di nume tutelare della banca MPS di cui si possedeva la maggioranza assoluta.
Di male in peggio, se possibile, si va con questo nuovo statuto. Nella nuova formulazione dell’articolo 7 paragrafo 2 questo concetto viene fumosamente ampliato per fare in modo che i nominati in Deputazione continuino a non dover rendere conto a nessuno del loro operato. Caso mai, la maggioranza di loro (qualcuno per fingere di essere in democrazia ci deve pur figurare) dovranno continuare a far riferimento alla lobby (o al partito) che gli ha permesso di ottenere quel posto: quel qualcosa di impalpabile che tutti conosciamo sulla nostra pelle ma che essendo appunto impalpabile non ne potremo mai provare l’esistenza. Ecco: una Deputazione che viene a conoscenza “a cose fatte” dell’acquisto di Antonveneta e non ha altra chance che approvare incondizionatamente una operazione che, se mai doveva esistere, doveva essere originata da lei stessa, è un capovolgimento dei ruoli che per il futuro non potrà essere eliminato.
Con il beneplacito, ovviamente del Ministero dell’Economia, di Guzzetti e dell’Acri e naturalmente del buon governatore Ignazio Visco: la rendita di Siena (una elemosina di lusso ma solo perché nessuno ne potesse contestare la governance perché non è giusto sputare nel piatto dove si mangia) può finire, la rendita della politica romana nel controllo della Fondazione MPS deve continuare. Come la responsabilità della gestione deve rimanere solo un concetto buono per le feste comandate. Questi politicanti che oggi danno lezione di stile e di capacità alla città di Siena e che plaudono allo spezzar di catene del giogo senese soffocante nella difesa del proprio particolare, sono quelli che vogliono continuare a curare al meglio il loro particolare, disporre nuovamente della banca più antica del mondo, espropriata a Siena nel 1995.
Perché le rendite, caro governatore della banca d’Italia Visco, erano non nei soldini per restaurare palazzi e rattoppare strade, per costruire scuole e nemmeno per far funzionare club sportivi o associazioni musicali. Erano negli immobile svenduti agli amici, nei mutui facili senza garanzie e senza solvibilità concessi ai vari Amato, Verdini e chissà quanti ancora. Erano negli stipendi delle partecipate in mano a personaggi di chiara fama in fatto di capacità finanziarie, erano nelle carriere bancarie al fulmicotone degli uomini del partito e del sindacato anche partendo dal ruolo di semplice commesso senza nemmeno un titolo di studio adeguato, altro che meritocrazia. Erano nelle persone che avevano trasformato la capacità della politica di immaginare il futuro migliore in un presente meravigliosamente finto per i tanti che non riescono ancora a guardare oltre il proprio naso.

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