L'importante è che la morte ci colga vivi (Marcello Marchesi)

"L'importante è che la morte ci colga vivi" (Marcello Marchesi)

sabato 9 marzo 2013

LE FONDAZIONI BANCARIE E LA POLITICA

CERTAMENTE IL RAPPORTO AMBIGUO CHE LA POLITICA INTRATTIENE CON TUTTI I SOGGETTI PRESENTI NELLA VITA PUBBLICA PER AMMALIARLI, SOGGIOGARLI E PIEGARLI AL PROPRIO VOLERE E' IL CANCRO DELLA NOSTRA VITA SOCIALE ITALIANA.

IL BELLO E' CHE GLI STESSI POLITICI LO AMMETTONO, SALVO POI TENTARE DI PIEGARE AI PROPRI INTERESSI LA DISCUSSIONE CHE NE SCATURISCE. E INVIANO I LORO MEDIA DISINFORMATORI A SPIEGARE, PINZILLACCHERARE, DIVIDERE.

RIPORTIAMO OGGI UN ESTRATTO DI UN CONVEGNO TENUTO A FIRENZE SULLA COSA.

"La questione del rapporto tra fondazioni bancarie e banche italiane e' tutt'altro che nuova. Si trascina, infatti, da ormai quasi un quarto di secolo; da quando, cioe', si inizio' il processo di privatizzazione con la "legge Amato" nel 1990 (legge n. 218 del 1990). Come nella migliore tradizione delle grandi riforme italiane, a tutt'oggi questo processo e' incompiuto. Il tema, latente appunto da quasi 25 anni, e' esploso in modo caotico a fine gennaio quando sono venuti al pettine i nodi del caso piu' emblematico di commistione tra banche e politica, il caso Monte dei Paschi di Siena (MPS). La reazione delle forze politiche, in piena campagna elettorale, allo scoppio del bubbone MPS, e' stata a dir poco patetica. Avendo tutti quanti (ad eccezione delle forze politiche emergenti, per forza di cose) le mani nella marmellata senese o in altre specialita' regionali da Lodi a Cagliari passando per Catanzaro, o temendo di pestare calli sensibili, i piu' hanno taciuto e chi ha parlato si e' limitato a balbettare qualcosa sulla necessita' di rivedere il rapporto tra banche e fondazioni. Tranne poi far finta di dimenticarsene, confidando nella smemoratezza (questa vera, purtroppo) del popolo italiano".


NEL CONVEGNO SI TRATTANO E SI DISCUTONO TEMI CHE NOI STESSI SU QUESTI BLOG ABBIAMO RIBADITO

Si veda, per tutte, la reazione di Giuseppe Guzzetti (con intervista su Avvenire il 30 gennaio scorso e una risposta pubblicata su nFA), 80 anni l'anno prossimo, gia' presidente DC della Regione Lombardia dal 1979 al 1987, poi senatore per due legislature, poi presidente della Fondazione Cariplo dal 2000 a tutt'oggi presidente dell'Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio (ACRI), un esempio di carriera politico-bancaria senza soluzione di continuita' piuttosto comune in Italia.
La prima e' la teoria della mela marcia, secondo la quale quello di MPS sarebbe un caso isolato di mala gestione. Noi crediamo invece che MPS non sia affatto un caso isolato ma la manifestazione di una chiara questione sistemica nella governance delle banche (chiaramente emersa al convegno, si veda oltre). Incidentalmente, se Guzzetti e' oggi convinto che la Fondazione MPS ha commesso errori cruciali non si capisce perche', ieri, si era scelto (o aveva concorso a scegliere) in sequenza come due ultimi vicepresidenti Giuseppe Mussari (Fondazione MPS, allora) e Gabriello Mancini (Fondazione MPS, a tutt'oggi).
La seconda e' le teoria del complotto contro le fondazioni bancarie. Nessuno, in realta', mette in dubbio l'utilita' delle fondazioni private filantropiche. Al contrario. Di tali fondazioni ve ne sono dappertutto in giro per il mondo e svolgono certamente un importante ruolo nelle comunita' di riferimento. Le fondazioni bancarie italiane, per esempio, forniscono sostegno finanziario alla ricerca, alla sanita' locale, e alle iniziative artistiche e culturali. Quest'attivita' e' certamente di grande valore per la societa'. Va notato pero' che questo si puo' fare (e anzi, si fa tipicamente meglio) senza avere un interesse significativo, o senza evere interesse alcuno, nel sistema bancario. Non c'e' motivo di perseguire quest'ultimo. Si veda oltre l'interessante caso della Fondazione Roma. Il patto per cui tu accetti che chi siede nei consigli delle fondazioni bancarie eserciti un'influenza determinante sul sistema del credito in cambio di un po' di erogazioni al territorio e' scellerato.
Si, perche' tutte le maggiori banche italiane sono controllate da fondazioni "di origine bancaria", e una buona parte di queste ultime detiene una quota significativa del capitale azionario sulla loro banca di origine, in violazione del principio basilare di differenziazione del portafoglio (che detto in termini di economia domestica significa, semplicemente, che non devi mettere tutte le uova -- ma neppure una parte significativa delle stesse -- nello stesso paniere). Raccomandiamo la lettura dello studio "Italian Banking Foundations" di Andrea Filtri e Antonio Guglielmi, che contiene interessanti dati su questo e altri aspetti (Andrea Filtri era stato invitato al convegno e sarebbe venuto volentieri, ma vivendo a Londra purtroppo non ce l'ha fatta ad organizzarsi. Lo ringraziamo, di nuovo, lo stesso). Il dato riportato nella figura sotto, prodotto da Filtri e Guglielmi e utilizzato anche da Tito Boeri durante il suo intervento, mostra che solo il 18% delle fondazioni bancarie italiane ha abbandonato l'azionariato bancario. Il 15%, invece, possiede oltre il 50% delle azioni della banca di riferimento. Oltre la meta' delle fondazioni bancarie italiane hanno oltre il 5% delle azioni della banca di riferimento. Considerando quanto e' frammentato l'azionariato delle grandi banche questo significa una forte presa delle fondazioni (cioe', quasi sempre, dei politici che le controllano direttamente o le influenzano) sul sistema del credito.

 

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