L'importante è che la morte ci colga vivi (Marcello Marchesi)

"L'importante è che la morte ci colga vivi" (Marcello Marchesi)

domenica 7 dicembre 2008

A PAGINA 26 DELLE CRONACHE DEL CORSERA

CIOE' DOVE SI METTONO LE NOTIZIE MENO IMPORTANTI O LE NOTIZIE CHE SI DEVONO DARE SPERANDO CHE POCHI LE LEGGANO, PER NON DISTURBARE IL POTENTE PREMIER CHE TI STA PER NEGARE I CONTRIBUTI STATALI ALL'EDITORIA, SE NON MARCIA BENE, SI LEGGE UNA NOVELLA CHE RIGUARDA IL PROCESSO MILLS.


QUEL PROCESSO CHE PER IL LODO ALFANO NON SI DEVE FARE AL BERLUSKAZ, MA IN CUI LA CONDANNA DELL'IMPUTATO MILLS EQUIVALE A QUELLA DI AL TAPPONE.


L'INTERROGATORIO DEL COMMERCIALISTA INGLESE BOB DRENNAN, ACQUISITO AGLI ATTI DEL PROCESSO DALL'INGHILTERRA, E' GRAVATO DA PROBLEMI DI TRADUZIONE CHE ALLUNGANO I TEMPI DEL PROCESSO AVVICINANDOLO PERICOLOSAMENTE ALLA PRESCRIZIONE.


LEGGETEVELA  Il processo Mills come la stele di Rosetta? A momenti, in attesa della requisitoria il 17 dicembre, finirà così: con le parti a cercare di raccapezzarsi tra i neri, gialli e rossi che punteggiano ed evidenziano le differenze nelle molte traduzioni dell' interrogatorio del più importante testimone, ascoltato nel settembre 2007 a Londra dal processo in trasferta: Bob Drennan, il commercialista che in tempi non sospetti ricevette da Mills (oggi imputato di essersi fatto corrompere da Silvio Berlusconi) la prima versione sui 600 mila dollari oggetto del processo. Versione coincidente con la prima lettera - confermata da Mills davanti ai pm in indagine, poi però ritrattata in una memoria - consegnatagli all' epoca sempre da Mills: soldi da Berlusconi in rapporto alle testimonianze reticenti che Mills avrebbe reso in due processi milanesi al Cavaliere nel 1997 e 1998 per tenere «Mr. B. fuori dai guai». Il ginepraio di norme differenti tra i due Paesi fece sì che l' anno scorso a Londra il giudice inglese, su richieste del legale inglese di Mills (al quale si associò il difensore inglese di Berlusconi), facesse curiosamente allontanare i tre giudici italiani ogni volta che i testi rispondevano su materie ricomprese per il diritto inglese nella nozione (molto più ampia che in Italia) di segreto professionale. Il paradosso di avvocati e pm italiani che a Londra ascoltano in diretta le risposte dei testi, e di giudici italiani che invece le leggono solo sulla carta, ha così reso più rilevante la questione delle traduzioni dell' interrogatorio a Londra di Drennan. Quattro. La traduzione simultanea in quel momento. La trascrizione della registrazione, offerta poi al Tribunale milanese dalla difesa Berlusconi. La differente versione proposta dal pm. E, ieri, la traduzione della perita incaricata dal Tribunale il mese scorso, la quale ravvisa ancora qualche errore e imprecisione, e soprattutto riempie molti vuoti liquidati nelle precedenti versioni come «parole incomprensibili». La filologia del verbale di Drennan diventa così un testo dove la perita evidenzia in giallo e in rosso gli errori o le integrazioni, ma il Tribunale naturalmente non ha una fotocopiatrice a colori, e fotocopiare in bianco e nero farebbe perdere tutto il risultato. Fortuna che salti fuori la possibilità per la perita di articolare lo stesso lavoro al computer e di inviarlo alle parti. Che il 17 dicembre, prima della requisitoria, potranno ancora disquisire sulle sfumature della traduzione. lferrarella@corriere.itLa requisitoria


Ferrarella Luigi - http://archiviostorico.corriere.it/

2 commenti:

  1. in effetti una qualche soluzione deve essere in arrivo, soluzione che non può che essere una qualche scusa per una insufficienza di prove. Troppo tranquillo da un po' il Berluscone, avvocati compresi.

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